C’è condivisione d’intenti fra gli apparentemente lontani Sciascia e Dostoevskj. Lo sostiene Antonina Nocera nel breve saggio “Metafisica del sottosuolo”: ricerca metaletteraria e intertestuale di corrispondenze, che guarda all’uomo e a Dio, ai limiti della ragione, al mistero della vita
Il 2021 si apre con i cento anni dalla nascita di Leonardo Sciascia e si concuderanno con i duecento da quella di Fedor Dostoevskij. Due ricorrenze notevoli per chi crede nei libri, negli scrittori e nei mondi che spalancano nelle menti dei lettori. In qualche modo, forse anche involontariamente, è dedicato a chi considera Sciascia e Dostoevskij due universi lontani un breve e originale saggio dato alle stampe dalla casa editrice Divergenze, coem proimo volume della collana “(ec)citazioni”, Metafisica del sottosuolo. Biologia della verità fra Sciascia e Dostoevskij (50 pagine, 10 euro) della studiosa palermitana Antonina Nocera. Per Sciascia, non è un mistero, le stelle polari erano Manzoni, Stendhal, Pirandello e Borges. E Tolstoj, dovendo scegliere fra i russi del diciannovesimo secolo. Nocera, però, lancia un ponte fra Sciascia e Dostoevskij, indicando un nucleo comune, una condivisione d’intenti, ovvero: «La naturale attitudine a considerare la scrittura un metodo d’indagine sull’uomo, inteso come unità misteriosa, su cui è impossibile mettere un punto definitivo». Il modello romanzesco, assicura nell’introduzione al volume Antonio Di Grado (direttore letterario della fondazione Sciascia, fra le altre cose), «è piuttosto per entrambi un cimento ermeneutico, un discorso sui massimi sistemi, un conflitto di idee impersonate da personaggi-portavoce».
Scrittura asciutta ma limpida
Con scrittura asciutta ma limpida, e non priva di coinvolgimento (tutt’altro che negativo), Nocera rinviene nel saggio (con postfazione di Federico Fiore) indizi e assonanze fra i due autori, su tutti il delitto e l’errore giudiziario, come passaggi inevitabili per indagare sulla natura dell’uomo e sulla verità, elementi imprescindibili nella riflessione degli uomini di lettere e degli artisti in generale, perfino nel ventunesimo secolo, in epoca di post-verità e di inadeguatezza di molti davanti alla legge. Di ricerca della giustizia e della verità si nutrono gli scrittori, almeno quelli come Sciascia e Dostoevskij, di rovelli psicologici i loro protagonisti, di apparenze poliziesche i loro libri più emblematici, a cominciare da quelli analizzati da Nocera, I fratelli Karamazov e Delitto e Castigo di Dostoevskij e Il contesto di Sciascia, romanzo pubblicato cinquant’anni fa che oggi sembra parlare del nostro domani.
Un preciso indizio
Il dialogo azzardato fra due autori all’apparenza distanti, ma accomunati dallo scandaglio degli abissi della psiche, dei sottosuoli umani, scocca da un preciso indizio lasciato da Sciascia (difficile credere in una scelta casuale): un volume dei Karamazov che fa capolino sul comodino di uno degli indiziati de Il Contesto. Da lì la ricerca metaletteraria e intertestuale di corrispondenze, l’esercizio psicologico della comparatista Nocera che non si risolve, necessariamente, in un testo per soli specialisti e che guarda all’uomo e a Dio, ai finali volutamente non risolti di Sciascia, all’amministrazione della giustizia, alla fallibilità dei processi, agli errori giudiziari, ai limiti della ragione, al dubbio, alla fede, al mistero della vita, infine.
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