Animatore culturale e amico di Sciascia, Gaspare Agnello lo racconta con schiettezza ne “La terrazza della Noce”. Il filo conduttore? La nascita e le prime edizioni del premio Racalmare, di cui cui Sciascia era l’anima, ma soprattutto memorie personali, divagazioni, aspetti controversi. Una nenia amicale e sincera, una testimonianza che si fa preferire a omaggi tardivi, anche di incompetenti…
I libri come amici che non tradiscono. Un’immagine che Nanà aveva regalato a Gasparino, che a partire dagli anni Ottanta (complice la nascita, nel piccolo centro di Grotte del premio Racalmare con la presidenza di giuria affidata a Sciascia, nato nella vicina Racalmuto) era stato ammesso al cenacolo pomeridiano ed estivo della Noce, la campagna in cui lo scrittore accoglieva amici e intellettuali, ma rigorosamente non nelle ore diurne, quando in genere scriveva, concretizzando il lavoro di documentazione, riflessione e concezione dei propri libri, che andava avanti nei mesi precedenti. Gaspare Agnello autore de La terrazza della noce (110 euro, 10 euro), è stato prima maestro, poi politico, impiegato e sindacalista, infine valente e instancabile animatore culturale, intellettuale di provincia, nel senso più nobile del termine (che «si nutre di libri» come spiega Matteo Collura nella prefazione del libro). Ma soprattutto amico e uomo di fiducia dell’autore di cui si celebrano in questi giorni i 100 anni dalla nascita.
Memorie e onestà intellettuale
La terrazza della Noce, pubblicato da Navarra editore, è un libello (e Sciascia sosteneva di scrivere libelli…) di memorie vive e semplici, che si nutre anche di qualche divagazione, ma che infine tiene gli occhi e il cuore fissi sul maestro di Racalmuto, Sciascia grande intellettuale sì, ma colto anche in momenti più familiari e prosaici. Agnello, oggi ottantasettenne, scrive con grande onestà intellettuale. Amico e ammiratore devoto di Sciascia, non si limita però a un’agiografia, ma rievoca anche aspetti più controversi dello scrittore: una distanza con Antonio Russello, per una critica fraintesa, certo “revisionismo” sull’uomo e personaggio Sciascia da parte dell’ex amico Gonzalo Alvarez Garcia (autore del volume Le zie di Leonardo, rifiutato da molte case editrici e pubblicato da Scheiwiller), un’analisi precisa e senza sconti, ancorché ragionata, sul ruolo delle donne nelle pagine di Sciascia. Un’opera onesta, insomma, piuttosto che riverente, una testimonianza senza smancerie, ma di grande affetto e malinconia per il tempo che fu, un piccolo debito di riconoscenza verso un grandissimo intellettuale, maestro del dissenso, che non ebbe mai paura di apparire ed essere politicamente scorretto, a costo di subire feroci attacchi.
Un altare felice
Fra tanti squilli di tromba, spesso tardivi, e omaggi, anche nel centenario, di personalità incompetenti, la nenia amicale e sincera di Gaspare Agnello è un altare felice per Sciascia, per il suo scetticismo come antidoto del fanatismo, per i consigli di lettura che dispensava all’amico ed è possibile rintracciare fra le pagine de La terrazza della Noce. Scandendo le edizioni del premio Racalmare come filo conduttore del libro, Agnello torna alla campagna amatissima da Sciascia e dalla moglie Maria Andronico (abbiamo scritto qui di questa coppia moderna, non conformista, complementare), intreccia citazioni dell’opera sciasciana, giudizi critici, spezzoni di conversazioni private, incontri con gli artisti che animavano le giornate estive di Sciascia. E indaga la costante ricerca di Dio da parte dello scrittore che sapeva «vedere oltre la siepe».