Civiltà contadina e frenesia moderna convivono nelle pagine di “Tralummescuro” di Francesco Guccini. I ricordi e il presente di Pavana, piccola frazione in cui il cantautore-scrittore abita, per raccontare la fine di un’epoca e la sofferenza che ne deriva…
Con Tralummescuro (288 pagine, 19 euro), edito da Giunti nella collana Scrittori, troviamo un Francesco Guccini in veste di paesologo, con un’opera agrodolce spalmata tra il ricordo mielato di una civiltà contadina, fatta di fatica, valori e vita semplice, mescolata alla constatazione amara di un qualcosa che non c’è più, dove la frenesia moderna, il consumismo, lo stravolgimento dei costumi sociali e culturali hanno contribuito a consegnare alle nuove generazioni un mondo più comodo da abitare, ma forse meno vero.
Case disabitate, vite dimenticate
Lontano anni luce dai lirismi di Franco Arminio, che proprio sullo spopolamento dei piccoli borghi ha costruito le fondamenta della sua poesia, Guccini, attraverso un linguaggio spesso vernacolare, ci parla di Pavana, piccola frazione di Sambuca, un tempo pullulante di vita e oggi, invece, cimitero di case disabitate e di esistenze oramai dimenticate. Dove sono finite tutte quelle genti, le loro attività, le mille dinamiche che un tempo animavano i viottoli di queste quattro casupole di montagna, pare domandarsi l’autore. La sofferenza per la fine di un’epoca destinata a non tornare è molto forte
E li vedi lassù, i tuoi boschi, verdi d’estate, un tappeto di verde scuro che ricopre tutto il Dio Appennino; rame d’autunno, secchi d’inverno gli alberi bianchi di neve, che han fatto pane e cibo per secoli, ora negletti, come spose ripudiate, come verzure senza più un senso, se non paesaggistico. E di rimpianto.
La grottesca e caricaturale modernità
Ma nel contempo Guccini non si esime dal criticare alcune degenerazioni della vita moderna, spesso grottesca e caricaturale: l’iper protezione verso i propri figli; lo svilimento delle festività e dell’autorità; il tutto e subito sono solo alcuni dei nuovi abiti mentali affermatisi nella molle società attuale. Quelle esistenze montanare, semplici e ignoranti, compagne dell’infanzia dell’autore, cedono ora il passo a nuove leve di giovani, completamente diversi dai loro avi che in quelle terre si sono spaccati la schiena: la vita non fa sconti per nessuno, i vecchi muoiono, la ruota gira per tutti, nulla ritorna. Quel che è stato non sarà: come la luce del giorno viene vinta dal buio della notte, così un nuovo mondo si affaccia, con tutte le incognite e le diffidenze di chi ne ha vissuto un altro, più povero, ma proprio per questo più autentico.
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