Venezia, l’acqua cattiva e il libraio di Montanaro

“Il libraio di Venezia” di Giovanni Montanaro, storia di lotta, sopravvivenza, solidarietà e rinascita dopo l’eccezionale acqua alta del 12 novembre del 2019 nella città lagunare. Una cronaca come altre del passato, anche remoto, in cui i veneziani hanno fatto i conti con simili tragedie. Una vicenda di resistenza e d’amore che è un inno alla gloriosa storia di Venezia e alle sue librerie indipendenti

È poco romantico. E forse un po’ squallido, ma lo ammetto. Ho avvistato Il librario di Venezia mentre ero in fila alla cassa, in un supermercato di periferia. Uno di quelli della grande distribuzione, quelli circondati dalle rotonde “spuntate in una notte”. Quelli che sì, la campagna veneta è rimasta solo nei paesaggi del Giorgione (e chi erano gli altri?).

Il libro sul nastro della cassa

Rigorosamente distanziata e munita di mascherina d’ordinanza ho gettato lo sguardo verso il reparto di libri che sta giusto a destra della prima cassa e che fingo sempre di non guardare. Cosa vuoi trovare, mi dico. Pilcher o Steel? Tutt’al più un buon giallo in offerta. E poi, manco mi piace il genere. Anzi, lo detesto. Invece quella sera strizzo gli occhi miopi e vedo una copertina turchese che mi intriga, strizzo meglio e leggo pure il titolo. E anche l’autore mi riesce, ma solo il cognome. Montanaro. Poi aggiungo Giovanni, Giovanni Montanaro, sì. Lo scrittore e avvocato veneziano. Forse ho letto pure qualcosa di suo, ma come spesso mi succede non ricordo. Di sicuro un romanzo finalista al Campiello. E improvvisamente un sessantenne in sneakers e pantaloni affusolati mi urta col carrello. Lui non ha tempo da perdere. Il dialetto è ruvido, di terraferma, quasi gutturale, ma lo capisco. E il giovane cassiere mi sorride con gli occhi, anche se è stanco. Allora corro ubbidiente a depositare sul nastro rotante la mia spesa da single. Con quel titolo in testa.

Una marea eccezionale

È qui, ora ce l’ho tra le mani. L’ho letto in poche ore, un pomeriggio grigio con un forte vento di scirocco. Esondazioni in corso e bombe d’acqua in una terra sempre più cementificata, che consuma ogni anno troppi ettari di suolo. Venezia è vicina e pareva salva. Dall’acqua ovviamente, in quest’anno feroce… solo dall’acqua. Ma non è nemmeno così. Perché le dighe, le tanto discusse dighe, si sono alzate a intermittenza.

Il libraio di Venezia (144 pagine, 12 euro) edito da Feltrinelli ci porta indietro a quel 12 novembre del 2019 quando 187 centimetri di acqua alta eccezionale inondarono la città. Giovanni Montanaro ha scelto di raccontare quell’acqua cattiva, che saliva di ora in ora, dal punto di vista di chi c’era. Lo fa con un romanzo breve e una voce narrante esterna che partecipa e osserva dall’alto. Un’anziana signora, che fatica a scendere le scale perché le ginocchia non tengono più, costretta ad acquisti online. Lei, personaggio veneziano per eccellenza, capace vedremo di una straordinaria generosità. «Dalla mia finestra vedo l’apocalisse. Il campo pare un oceano in tempesta. I libri di Vittorio sono dappertutto, scacciati verso angoli diversi, sono arrivati fin sotto i muri dei palazzi. Poi ci sono sacchi neri che navigano, rami grandi come cannoni, tavolini che si scontrano, un asse di compensato come una zattera che ha disarcionato ogni naufrago, e foglie, un tappeto di foglie che nasconde il buio dell’acqua».

Una notte quasi in presa diretta

Vittorio è il librario di San Giacomo dell’Orio. È foresto, viene da un paesino del Cadore e si veste da boscaiolo, da boscaiolo del Vermont. Da vent’anni ha bottega in campo. L’ha chiamata Moby Dick come quel libro che, giovane e infatuato di un’irlandese, ha divorato in una notte. Lui, che non era così abituato alla lettura. Lui che mai avrebbe immaginato di vivere una notte come quella. «Si accorge che l’acqua è già dentro la libreria, sta salendo dal pavimento, è talmente tanta, è talmente dappertutto, che ha impregnato la terra, ha scavato corridoi nel suolo, preme da sotto … e cresce rapida.» Sì, il cuore del romanzo è decisamente quella notte, restituita con ritmo incalzante, quasi in presa diretta. Una cronaca veneziana contemporanea e non così dissimile dalle tante antiche giunte fino a noi, nonostante le acque grandi. Come quella di Girolamo Savina, oggi custodita alla Biblioteca Marciana.

Nel Cinquecento la capitale del libro

«Luni de note, venendo el marti, in callar de luna … se levò grandissimo vento de Sirocho, et atorno le sei hore comenzò a crescer le aque lequal sgionfarono tanto … che venero pui di un brazzo sopra il comun dell’acqua et fu mazor che in memoria d’huomo fusse stato in Venetia, fece molto danno a mercantie et altro che trovò in magazzini … che pochi luochi furono si trovarono che non fossero stati arrivati dall’aque per luochi alti che fussero». Era il 12 ottobre 1574. E chissà se tra quelle mercanzie c’erano anche dei libri. Altamente probabile visto che Venezia nel Cinquecento è stata la capitale del libro e del commercio librario. Si calcola che nel periodo di massimo splendore, nella prima metà del secolo, operassero in città circa 150 stamperie, molte con bottega annessa, che ne rivendeva i prodotti. Erano decine e decine e si diramavano nelle principali arterie commerciali della città, come le Mercerie.

Le notti, le calli e Sofia

E sicuramente Vittorio lo sa. La conosce la storia della sua città. Appassionato di letteratura americana, vende comunque il Lorenzetti e tante belle guide di Venezia, scintillanti libri fotografici e qualche oggettino di gusto. Lo ritroviamo flâneur a percorrere proprio quelle stesse calli tra il ponte di Rialto e San Marco in un’altra notte, una dei giorni successivi, quando l’acqua alta comincia a dare tregua. E lui ha bisogno d’aria. (Sì perché il romanzo è anche la storia del giorno dopo, della rinascita, della solidarietà. Che non è finzione narrativa, ma è stata reale. E quindi ancor più sorprendente). E giunto a San Bartolo ritrova lei, Sofia, carnagione olivastra e «occhi celesti dal taglio zingaro». Ne è timidamente innamorato, già da prima dell’acqua granda. La ritrova sotto il contatore dei residenti rimasti a Venezia, ostinatamente in calo, ad aspettarlo senza appuntamento. E insieme si dirigono a San Marco, perché nessuna passeggiata ha senso se non finisce lì. E insieme via per quell’intricato groviglio che molti secoli prima era stato percorso a fatica da due appassionati bibliofili, come ci narra lo storico Marcantonio Sabellico. I due amici dal fontego dei Tedeschi, ai piedi del ponte di Rialto, erano diretti a San Marco, ma faticarono ad arrivare alla meta, divorati dalla curiosità di leggere le liste dei libri affisse fuori delle botteghe. Ma Sofia e Vittorio non sono amici, si piacciono e pure tanto, senza dirselo. Loro non vedono le tante vetrine delle griffe made in Italy che hanno preso il posto delle botteghe dove un tempo c’erano i libri. Quelle stesse vetrine ricercate dai troppi turisti nelle vie dello shopping, scomparsi con il Covid.

La piazza e la Basilica

E finalmente, ecco la piazza. L’unica piazza della città. Che bisogna vederla dalla Bocca, che da lì comincia e si può guardare tutta insieme. Proprio da sotto le Procuratie, dove guarda caso ha avuto sede un altro straordinario fondaco di libri d’arte e oggetti d’antiquariato e in una stagione altrettanto difficile per la storia della città, quella che seguì l’unione di Venezia all’Italia. Era la bottega di Ferdinando Ongania, ultimo erede dei grandi editori veneziani. Ma Sofia e Vittorio non lo sanno, non c’è nemmeno una lapide a ricordarlo. Però sempre stupiti come la prima volta, si fermano e guardano lei, la Basilica, sempre maestosa in fondo all’unica piazza della città. «Ancorata come una nave che nessun mare può affondare». Quella celebre chiesa a cui proprio Ongania dedicò tutta la vita e le sue finanze per mapparne ogni angolo, ogni dettaglio, con l’allora innovativo mezzo fotografico, nella speranza che non svanisse.

Ma Venezia è sempre lì, ci ricorda Montanaro. «Venezia è meravigliosa. Adesso, sì, si può tornare indietro». (Indietro quando?). Prima però c’è da scorrere, in appendice al libro, una guida e mappa alle 22 librerie veneziane indipendenti, tutte toccate dall’acqua granda. «Tenaci come guerrigliere, eleganti come principesse». Ben consapevoli della gloriosa storia che le precede.

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