La morte impovvisa della moglie per un attacco di cuore, il frettoloso rientro da Kobe a Tokyo, la vita sconvolta per Asai Tsuneo, protagonista di “Un posto tranquillo”, giallo di Matsumoto Seicho. Anche in questo romanzo dello scrittore giapponese sotto la lente d’ingrandimento ci sono l’ardire umano, le scelte non avventate degli individui, la legittima coscienza che nessuno può soffocare e avvolgere i destini in una fitta nebbia autunnale
Dal giorno precedente all’arrivo della telefonata, Asai Tsuneo, funzionario del ministero dell’Agricoltura, si trova a Kobe insieme al nuovo capo di gabinetto, Shiraishi. «Erano le otto e mezzo e stava partecipando a una cena ufficiale, con un gruppo di industriali del settore agroalimentare», quando una delle cameriere si avvicina al suo tavolo e gli comunica che lo desiderano al telefono, «è una chiamata da Tokyo». La reazione di Asai sarà la stessa di quando apprenderà la notizia, ovvero ciò che lo imbarazza di più è alzarsi da tavola cercando di non «mancare di rispetto al proprio superiore». Però quella «telefonata da casa, così tardi, lo mise in agitazione». Quale poteva essere il motivo di quella chiamata? Nei suoi frequenti viaggi sua moglie non lo cercava quasi mai. «All’altro capo del telefono sentiva delle voci confuse non riusciva a capire cosa dicessero, avvertiva solo un brusio. Poi, più distintamente, udì una donna che piangeva». Sua cognata Miyako, in lacrime, gli annuncia la morte improvvisa di Eiko, la moglie di Asai e sorella di Miyako. Sconvolto per la notizia del tutto imprevedibile per lui, Asai si vede costretto, ma allo stesso tempo quasi riluttante, ad abbandonare la cena e fare rientro a Tokyo.
Dare la notizia
Alle nove e dieci (gli orari sono cari a Matsumoto Seicho anche in Un posto tranquillo, come avviene in Tokyo Express, sempre Adelphi) scopre di non poter prendere l’ultimo aereo che parte alle nove e mezzo; decide quindi di prendere il prossimo treno che parte da San’namiya poco dopo le dieci, «dovrebbe arrivare a Tokyo domattina intorno alle nove e mezzo», precisa una delle cameriere, alla quale chiede indicazioni, «capitava spesso che i clienti del ristorante ripartissero per Tokyo, dopo cena, ecco perchè ricordava l’orario a memoria». Asai non sa come comunicare al suo superiore l’infausta notizia, «Shiraishi sembrava irritato per la prolungata assenza di Asai, che si rigirava tra le mani la ciotola bollente di ochozuke pensando a un modo per dargli la notizia». Tuttavia i tratti del volto contratti mettono sull’avviso il suo superiore che colto dalla notizia lo esorta a raggiungere la stazione quanto prima. Asai cerca in tutti i modi di convincere il lettore e se stesso che la morte di Eiko sia sopraggiunta senza preavviso, ma lui stesso deve ammettere che «il cuore di Eiko era sempre stato fragile, e due anni prima aveva già avuto un leggero infarto», poi che lei e gli altri continuassero la propria vita come se nulla fosse accaduto, era un altro paio di maniche.
Una ricostruzione che non torna
La ricostruzione delle ultime ore di vita di Eiko continuava a ronzargli in testa: Miyako gli aveva riferito che Eiko era uscita per fare degli acquisti e che quando si era sentita male, la giovane donna aveva chiesto aiuto in una vicina profumeria. Quindi non si trovava a casa, bensì nel quartiere di Yoyogi. Purtroppo non c’era stato nulla da fare, pochi istanti dopo il suo corpo giaceva morto a terra. La versione, poi, viene confermata da Takahashi Chiyoko, la proprietaria della profumeria, il giorno in cui Asai, accompagnato da Miyako, si recano lì per ringraziarla del soccorso prestato a Eiko; e dal medico Ohama, di un vicino ambulatorio, chiamato d’urgenza, ma che non aveva potuto far altro che constatare il decesso della donna. Eppure qualcosa nel corso di quell’incontro mette in agitazione Asai, qualcosa in quel racconto non gli torna del tutto.
La storia si infittisce
Matsumoto Seicho, artista del dettaglio, costruisce intorno alla morte di Eiko e alla figura di Asai un labirinto dal quale, come per Teseo, sembra impossibile trovare la via d’uscita. Man mano che il lettore entra nella trama del crimine, la storia si infittisce e si arricchisce di particolari, il labirinto si stringe come una morsa, non lasciando margine d’errore, non concedendo a nessuno vie di fuga. Eiko percorreva la salita vicino alla profumeria, forse in cerca d’ispirazione per comporre uno dei suoi haiku e mai come ora il ritratto della moglie gli stava sfuggendo di mano. «Il matrimonio di Asai con Eiko era durato sette anni. si erano sposati un anno dopo la morte della sua prima moglie. Asai aveva trentacinque anni. Eiko otto di meno» e per lei si trattava del primo matrimonio. Qualcosa aveva fatto intestardire Asai che volle sposarla a tutti i costi, «Eiko non era una bellezza, ma aveva indubbiamente fascino, e un sorriso attraente». La donna aveva in sè qualcosa di irresistibile, ma da subito Eiko si era rivelata fredda e risoluta nel concedere ad Asai ben poca di quell’intimità, che l’uomo avrebbe voluto condividere con la propria moglie. Eiko era una donna che amava la compagnia, ma con Asai spesso restava in silenzio, da qualche tempo aveva iniziato a seguire delle lezioni di haiku, che le avevano permesso di stringere qualche amicizia, ma «le allieve della scuola di haiku erano soprattutto donne mature o ragazze più giovani di Eiko», e nessuna di loro sembra poter ricondurre la donna nel quartiere di Yoyogi; per Asai l’attacco di cuore che l’aveva sottratta alla vita, continuava ad essere pervaso da un fitto mistero.
Un viaggio a ritroso
C’era poi la questione lavorativa, che aveva portato Asai lontano da Tokyo per qualche giorno, a tormentarlo. Dedito al proprio lavoro, ambizioso, ma non troppo, «prima di andare in pensione avrebbe voluto almeno essere promosso capo sezione», Asai sembra non perdonarsi di non essere stato raggiungibile per Eiko nel momento del bisogno: «amava Eiko. Per sette anni il loro matrimonio non era stato dei più appassionati, ma adesso che era morta si rendeva conto di quanto fosse importante per lui». Per Asai inizierà un viaggio a ritroso che lo porterà a perdere, definitivamente, i confini di se stesso e del mondo che fino al giorno prima, credeva di conoscere nelle sua infinite pieghe quotidiane.
L’unica vera voce di condanna
Nei romanzi di Matsumoto Seicho è l’ardire umano sotto la lente d’ingrandimento, che sceglie di indagare e sperimentare. Il lettore stesso è chiamato a capire cosa si cela dietro a determinate scelte dei protagonisti, non sempre così avventate. Matsumoto Seicho sembra voler cogliere nell’uomo, messo alle strette, cosa lo spinge a commettere atti indicibili, crimini e delitti, pur non avendo la stoffa del “maudit”. Ognuno dei protagonisti dei romanzi di Seicho, soprannominato il Simenon giapponese, non soggioga se stesso ad una sorta di minaccia latente, che sia il timore di essere punito per ciò che ha commesso, di subire un interrogatorio o un processo; ognuno di loro lega, in svariate possibilità, il proprio animo all’unica vera voce di condanna che si leva dentro ciascuno di loro: è la legittima coscienza che nessuno può soffocare, ad alzarsi come un grido, nel cuore della notte e avvolgere per sempre il loro destino in una fitta nebbia autunnale
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