“Brevemente risplendiamo sulla terra”, romanzo di Ocean Vuong, americano nato in Vietnam, combina i singoli elementi costitutivi per farli deflagrare in suggestioni a cui si accede solo per via sentimentale. È una lettera alla madre, ma è in realtà una narrazione fluttuante tra il romanzo di formazione, il memoir, la dichiarazione di intenti artistici e il viaggio onirico/sentimentale: l’occasione per ragionare sui temi che gli stanno a cuore: l’emigrazione, l’appartenenza ad una minoranza, l’omosessualità, il machismo di una cultura profondamente patriarcale e omofoba, la scrittura e il suo rapporto con la politica
Ocean Vuong, pseudonimo di Vương Quốc Vinh, uno dei più promettenti poeti americani contemporanei, nasce a Saigon, Vietnam, nel 1988. Ancora bambino segue la madre e la nonna, che non impareranno mai la lingua della nuova patria, in America, e nel 1990 ne acquista la cittadinanza. Vive oggi a Northampton, Massachusetts.
Una traduttrice… titolata
La sua prima raccolta di versi, Cielo notturno con fori d’uscita, edita in Italia da La Nave di Teseo, ha ricevuto tra gli altri il T.S. Eliot Prize e the Whiting Award. Beniamino della critica statunitense, Ocean Vuong sta acquistando una popolarità sempre maggiore anche nel resto del mondo.
Brevemente risplendiamo sulla terra è il suo romanzo di esordio. Pubblicato sempre dalla Nave di Teseo, è stato tradotto in italiano dalla scrittrice Claudia Durastanti (che ne ha parlato anche in questa videointervista a LuciaLibri). Figlia di genitori sordi, cresciuta negli Usa ma ritornata in Italia ancora bambina – ha raccontato la sua storia ne La straniera– con il passaporto di due culture alle spalle e un duro lavoro per costruire la sua personale lingua, verosimilmente generata per espansione dai tre vocabolari, quello dei segni, vera e propria lingua madre, l’italiano di origine e infine l’americano di approdo, era probabilmente la persona più titolata, considerati gli elementi biografici in comune con Vuong, a lavorare su questo testo non facilissimo.
Un’indagine dietro le quinte
Più che un consiglio di lettura, il seguente sarà il resoconto di una “indagine dietro le quinte”, a cui sono stata spinta dall’incapacità di stabilire, terminato il libro, la reale entità del mio gradimento. Confusa davanti allo scollamento tra il parere della mia parte emotiva, entusiasta tanto da premiarlo con un dieci pieno, e quello della parte razionale, scetticamente arroccata su un sei striminzito, ho pensato che approfondire la struttura del testo e le ragioni delle scelte stilistiche di Ocean Vuong potesse aiutare il raziocino, superata la propria miopia, a percepire la complessa bellezza del romanzo, che, come un vero e proprio testo poetico, combina i singoli elementi costitutivi per farli deflagrare in suggestioni a cui si accede solo per via sentimentale.
Una lettera alla madre
Brevemente risplendiamo sulla terra è una missiva destinata alla madre. Ocean Vuong inizia a scriverla in Italia, ad Umbertide, ospite della Civitella Ranieri Foundation, una residenza per artisti internazionali, mentre legge Lessico famigliare di Natalia Ginzburg e Lettera ad un bambino mai nato di Oriana Fallaci, due delle sue scrittrici di riferimento. La scelta dell’epistola, almeno nella fase progettuale, è palesemente inidonea per una destinataria che, non sapendo leggere e ignorando l’inglese, non potrà certo apprezzarne il contenuto. Le cose cambiano in corso d’opera. La sopraggiunta morte della donna restituisce alla lettera, almeno formalmente, la funzione di messaggio di addio. Ho usato l’avverbio formalmente non a caso. Siamo, infatti, di fronte ad un modulo fittizio, un pretesto formale, una veste esteriore utilizzata per una narrazione fluttuante tra il romanzo di formazione, il memoir, la dichiarazione di intenti artistici e il viaggio onirico/sentimentale, in cui Vuong dà spazio a molti argomenti che sente con urgenza: l’emigrazione, l’appartenenza ad una minoranza, l’omosessualità, il machismo di una cultura profondamente patriarcale e omofoba, la scrittura e il suo rapporto con la politica.
Una tecnica alla Miyazaki
Per costruire un racconto basato sui dettagli più segnanti, anche sotto il profilo psicologico, della sua storia familiare e personale, su situazioni, sentimenti e ricordi dolorosi ma formativi, Vuong cerca una strada alternativa a quella battuta dal canone letterario occidentale. La guerra e la scrittura – argomenta – sono per tradizione prerogative maschili. Entrambe presuppongono, come premessa e punto di partenza da cui ricostruire, la distruzione. Per il suo romanzo immagina una soluzione che non derivi dalla sovrapposizione dello schema narrativo standard, ma proceda come una matrice, senza conflitti, accostando i contenuti tradotti in immagini per prossimità. Recupera, allora, dalla tradizione giapponese lo Kishotenketsu, tecnica utilizzata ad esempio da Hayao Miyazaki, dello studio Ghibli.
Le sezioni
Ki: è la sezione nella quale si pongono le fondamenta della storia attraverso l’introduzione della lingua e dei personaggi. Lan e Rose, madre e figlia, insieme a “Little Dog” figlio di Rose, fuggono dal Vietnam in guerra, per rifarsi una vita in USA.
Sho: è dove avviene lo sviluppo della trama. Si inseriscono i dettagli, si lavora sull’atmosfera e la struttura. Le allucinatorie rievocazioni della vita in Vietnam, la violenza subita da Little Dog ad opera della madre nei momenti di dissociazione, la scoperta del colore della pelle e dell’emarginazione, di cui tutti e tre sono vittime al pari di tutti gli immigrati, dei quali si pensa sempre e solo in termini di sottrazione, che cioè non posseggano nulla, sminuendo ingiustamente il valore del bagaglio che invece essi recano con sé, fatto del passato (lingua, cultura e esperienze di sopravvivenza).
Ten: è il momento della svolta, conseguenziale dall’aggiunta di un elemento nuovo e determinante. Ecco che, nella seconda parte del romanzo, compare Trevor con il quale Little Dog sperimenterà la propria omosessualità e la convivenza, per ragioni di lavoro, con altre minoranze in un contesto di sfruttamento.
Ketzu: rappresenta naturalmente il culmine della narrazione, dove tutti gli elementi si affiancano senza tuttavia puntare ad un acme o ad una conclusione.
Il linguaggio creativo può essere rigenerativo
Un progetto ambizioso quello di Ocean Vuong che si compie in un testo armonico, poetico, prolifico di emozioni, scritto “ a testa bassa”. Perchè “ a parte tutte le chiacchiere a vuoto, ecco cos’è la scrittura, andare in basso, così in basso che il mondo ti offre un nuovo angolo benedetto e aggraziato da cui essere osservato, concede una visione più larga fatta di cose più piccole”. Il linguaggio creativo può essere linguaggio rigenerativo. Brevemente risplendiamo sulla terra” ne è la piena dimostrazione. Felice che anche la mia ragione si sia infine arresa al sentimento.