Leggere un romanzo è entrare in una realtà altra, orientata dal punto di vista e dal sistema spaziale e cognitivo. Coniugando critica letteraria, narratologia e spunti da discipline della comunicazione, lambendo la semiotica, “Questione di sguardi”, saggio di Alessandro Cutrona, costruisce una vivace rassegna delle potenzialità del punto di vista e un approfondimento curioso sui meccanismi e i mondi narrativi
Tra gli strumenti messi a punto dalla narrazione ce n’è uno tanto esplicito e palese quanto spesso non considerato in tutta la straordinaria varietà di effetti di cui è capace. È il punto di vista: sguardo, prospettiva, focalizzazione, orientamento sul mondo e sulle cose, come dir si voglia. Questione di sguardi (240 pagine, 13 euro), il saggio di Alessandro Cutrona uscito per Il Palindromo, è una riflessione che porta al centro dell’attenzione proprio il punto di vista. Coniugando critica letteraria, narratologia e spunti da discipline della comunicazione, questo saggio costruisce una vivace rassegna delle potenzialità del punto di vista, nella sua prima parte, e un approfondimento curioso sui meccanismi e i mondi narrativi, nella seconda. Non a caso, l’esergo del libro omaggia Gianni Rodari e la sua Grammatica della fantasia, secondo cui il mondo si può guardare da differenti postazioni, e così, allo stesso modo, nella realtà si può entrare da tanti punti, incluso un finestrino.
Sguardi, prospettive, orientamenti
Che cos’è, il punto di vista, se non una sorta di affaccio? Una finestra, anzi, meglio, una specola da cui osservare e riportare un’inquadratura di realtà? Fin dalle prime pagine l’indagine e la ricostruzione di Cutrona (già autore di L’attualità della mise en abyme nelle opere di Peter Greenaway e Charlie Kaufman) su questa potente istanza narrativa si fanno serrate e mettono in campo il potenziale dello sguardo filtrato attraverso il testo. Non si tratta soltanto, infatti, del rapporto del testo (della sua voce narrante, del/dei personaggio/i) con il mondo, né di un filtro, sorta di occhio che seleziona ciò che sarà visto nel testo. Il punto di vista è anche un meccanismo che si lega all’organizzazione delle informazioni sulla realtà testuale, capace di proiettare da un piano puramente scenico al mondo delle conoscenze.
Cutrona entra così nel mondo dell’interpretazione salendo di un gradino: dal testo all’atto della lettura, che presuppone ancora un atto di visione e un’adesione al punto di vista altro che il testo propone, una sorta di “scambio di competenze” necessario per accedere al mondo-libro. È come, dice Cutrona, indossare delle lenti nuove, lenti che permettono di leggere la realtà in modo inedito.
Se una storia è uno sguardo sul mondo, è quella prospettiva a dirci qualcosa sull’autore e sul suo stesso modo di guardare il mondo, così che leggere significa entrare in un «microcosmo che racchiude un sistema di valori di un determinato frangente temporale, culturale e biografico». Da questo spunto, una ricca galleria di esempi e analisi che include il classico incipit manzoniano con tecnica oggi definita cinematografica, lo sguardo aereo del Barone rampante di Calvino, ma anche la distopia di Il racconto dell’ancella, di Margaret Atwood. Ancora, il Pinocchio, nella sua versione una e bina, citando il primigenio racconto collodiano da poco riedito da Il Palindromo. Non mancano disamine di punti di vista altri, come le Bestie di Federigo Tozzi o di Franz Kafka in La tana, e infine sguardi e intese, o sguardi ambigui, come in Giorgio Bassani nel suo Il giardino dei Finzi-Contini e in Salmace di Mario Soldati.
Luce, direzione, bussola
«Uno sguardo può tracciare un sentiero da percorrere o da evitare, illuminare una strada», afferma Cutrona, specificando così l’ampiezza del concetto di punto di vista, collegato da una parte alla definizione del senso, dunque del percorso che l’osservatore all’interno del racconto intraprenderà, ma dall’altra alla presenza di luce, dunque alle informazioni e, più in generale, alla possibilità di conoscenza. Il punto di vista fa vedere, ma fa anche conoscere le cose, determinando nel suo intreccio con le istanze narrative quali informazioni possano o meno arrivare al lettore sia per orientarsi nel mondo testuale, tra il sistema dei personaggi, le voci e le prospettive, sia per accedere alla cornice metadiscorsiva, quella che riguarda il rapporto tra testo e lettore. Ci troviamo al cospetto dell’atto di lettura, altro momento che racchiude il punto di vista, decisivo per il testo e per il suo approdo al destinatario in quanto oggetto di comunicazione.
Ma, ritornando al punto di vista nel testo, lo sguardo non è solo quel che viene visto, bensì ciò che è percepito da un osservatore più o meno esplicito, con tutti i sensi. Riflettere sul punto di vista permette di entrare nella dimensione prettamente sensibile di un’istanza narrativa responsabile di una pluralità di effetti di senso. In nuce a questa considerazione, non può non cogliersi così il grande tema della soggettività dell’osservatore, presenza testuale che si muove dentro l’inquadratura del punto di vista. Non una cornice prettamente visiva, come quella costruita da una macchina da presa (e al cinema, come si coglie tra le righe, le riflessioni di Cutrona tornano spesso, basti pensare all’analisi dei Quaderni di Serafino Gubbio operatore, che vedono Pirandello intento su tante questioni collegate), ma un movimento legato alla narrazione, che filtra la scena e le informazioni restituendo un orientamento al narratore e/o ai personaggi, e in ultimo al lettore.
Mondi possibili
Leggere un romanzo, Cutrona lo evidenzia più volte, è entrare in una realtà altra, orientata dal punto di vista e dal sistema spaziale e cognitivo. Torna l’esergo di Gianni Rodari: in quel mondo – diventato una realtà, quella del mondo possibile – si può entrare da varie postazioni, e così quel mondo lo si può guardare da varie angolazioni. Prodigi del punto di vista.
Ma cosa vuol dire entrare nel mondo di qualcuno? Nella seconda parte di Questione di sguardi, Cutrona approfondisce alcuni aspetti della narrazione in senso lato, passando dalla disamina del punto di vista e del suo potenziale a considerazioni che lambiscono la semiotica. Che cosa significa infatti accostarsi a un testo da lettore, acconsentendo con un patto di credibilità all’esistenza di quel mondo possibile creato sulla carta?
Tecniche narrative, nomenclature classiche o rielaborate riecheggiano nella bibliografia che popola questa seconda parte, dove l’autore riprende alcune linee degli studi narratologici per dare conto di una rete fitta e complessa di istanze e meccanismi che, attivi nei testi, illustrano le visioni e le conoscenze del mondo possibile dentro il quale il lettore entra e inizia il suo percorso.
«Se la mente è narratrice, l’occhio è indagatore e sono proprio queste le principali attività che consentono al lettore di percorrere secoli, luoghi e storie lontane»: tra occhi e mente si situa quel processo di lettura e interpretazione paragonato da Umberto Eco all’esplorazione di un bosco. È lì che il lettore entra nel vivo della sua attività e compartecipa alla creazione del senso, passeggiando più o meno sorpreso e incuriosito tra gli effetti che il testo, grazie anche alla rete dei suoi punti di vista e sguardi, restituisce tra la sua superficie di carta e le emozioni di chi la esplora leggendola.
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