Un’architettura narrativa molto congegnata, in cui nulla è lasciato al caso ne “La foresta invisibile” di Maria Elisabetta Giudici. Un’intreccio di vicende lungo tre secoli e una scia di vite, sangue, amori spezzati a causa di un oggetto prezioso…
Non una, ma tante, tantissime storie ne La foresta invisibile (216 pagine, 20,50 euro) di Maria Elisabetta Giudici, pubblicato da Castelvecchi. Un intreccio di vicende, a cavallo tra tre secoli, tutte imperniate intorno ad una misteriosa collana di corallo, dal valore inestimabile, che attraversa l’Europa lasciandosi dietro una scia di sangue, amori spezzati, misteri e vite conclusesi in maniera tragica e dolorosa.
L’ignaro operaio tra intrighi e pericoli
Il libro, ben costruito, con una prosa molto attenta e ricca di dettagli e descrizioni, sebbene talvolta rallentata dalla poca assenza dei dialoghi, regala atmosfere cariche di suspense e intrighi che ricordano molto le spy story dei nostri giorni. Parigi è il fulcro di tutto, il punto di convergenza in cui si concluderà l’epopea di Giovanni Calderola, emigrato pugliese, braccato da alcuni pericolosi figuri russi per essere venuto in possesso di questa collana dietro la quale sembrano celarsi i destini dell’Europa e delle rivoluzioni susseguitesi nel corso dei decenni. A questo ignaro operaio sarà richiesto uno sforzo titanico e non privo di pericoli e delusioni per affrontare situazioni obiettivamente più grandi di lui, dove la posta in gioco è altissima e il rischio di morire destinato a materializzarsi giorno dopo giorno.
Tragedia e ineluttabilità
L’opera della Giudici presenta un’architettura narrativa molto congegnata, in cui nulla è lasciato al caso: un senso di tragedia e ineluttabilità sembra caratterizzare i drammi dei tanti personaggi che, in qualche modo, troveranno un proprio riscatto solamente nel finale, quando il viaggio di questa preziosa collana incontrerà il suo epilogo risolutivo.
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