Disperazione, noia e fuga, dinanzi alla libertà che viene meno. Seconda rassegna, dopo la prima, di tre noti romanzi di Alberto Moravia – “1934”, “La noia” e “La ciociara” – tre approcci alla società e alle etichette imposte…
La disperazione, la noia, la fuga: ecco altre tre opere di Alberto Moravia che possono fungere da similitudine della vita che si sceglie di avere sotto regime. Ma anche di come, ciascuno di noi, decide di approcciarsi alla società, alle sue etichette imposte, ai canoni comportamentali ben delineati e che lasciano poco margine alla libertà individuale.
Dopo aver precedentemente analizzato Gli indifferenti, Il conformista e La disubbidienza, adesso approdiamo al 30 giugno 1934: è la Notte dei lunghi coltelli, cioè quella notte che segna la definitiva ascesa di Hitler e l’annientamento di tutti i suoi avversari. Da quel momento in poi, sarà impossibile tornare indietro.
La possibilità del suicidio
1934 è anche il titolo del romanzo che Moravia darà alle stampe molti anni dopo, nel 1982, e che racchiude il senso di disperazione di chi non trova nessuna via d’uscita da una situazione che non si riesce a tollerare (in questo caso, l’avanzata del nazi-fascismo). Una disperazione tale che fa vedere nel suicidio l’unica via per liberarsi dall’angoscia.
Il protagonista di 1934 è Lucio, un giovane scrittore e intellettuale antifascista che approda a Capri per passare le sue vacanze estive, per cercare la pace e il conforto che gli permetteranno di concentrarsi sul suo nuovo lavoro.
La Notte dei lunghi coltelli è alle porte, ma nessuno lo sa.
Burocrati tedeschi compaiono nella vita dello scrittore, in uno bizzarro gioco di incontri per nulla casuali.
Anche in questo romanzo, Moravia non parla mai esplicitamente del nazi-fascismo e utilizza l’innamoramento come metafora – in questo caso – della disperazione di Lucio.
Il giovane scrittore, infatti, si innamora di una donna tedesca incrociata per caso e che continuerà ad apparire e, infine, a tormentarlo.
La sua angoscia aumenta, la sua disperazione non conosce tregua. Contemporaneamente, Lucio è costretto a fare il saluto nazista, controvoglia, e a portare rispetto a burocrati nazisti.
La hall dell’albergo in cui alloggia è pervasa dalle trasmissioni radio che aggiornano sulle vicissitudini tedesche.
Da quella radio arriverà la notizia della Notte dei lunghi coltelli e, dopo quella notizia e dopo una sua lunga riflessione sul suicidio come unica via di liberazione, tutto cambierà.
Lucio non si ucciderà ma vedrà il suo mondo invaso dalla disperazione. E c’è chi sceglierà il suicido. Lui no, ed è forse in questa sua scelta che risiede un briciolo di speranza. Non lasciarsi andare, ma restare e affrontare quel che La notte dei lunghi coltelli porterà con sé.
Il pittore e l’apatia
Ma c’è chi alla disperazione contrappone la noia, che abbiamo già incontrato nel Michele de Gli indifferenti e che diventa fulcro dell’omonimo romanzo, edito nel 1960.
Dal Michele indifferente alle tragedie interne della propria famiglia si passa adesso a Dino, un pittore che si sente completamente alienato rispetto alla società in cui vive.
Disprezza il mondo borghese da cui proviene, disprezza tutto quello che lo circonda e tale disprezzo lo porta a una totale apatia verso qualsiasi cosa.
Vive come in un limbo, da cui nessuno riesce a scuoterlo, a portarlo via.
Solo il sospetto del tradimento della moglie pare risvegliarlo, ma forse non del tutto.
Anche in questo caso, si potrebbe leggere nel disinteresse per il mondo in cui si vive un possibile approccio al regime che opprime il Paese: non avere reazione alcuna, lasciarsi andare in un’apatica indifferenza che, alla fine, conduce alla noia per tutto.
Le radici e le violenze della guerra
E, infine, c’è chi fugge da una Roma bombardata per tornare là, dove ci sono le proprie radici: in Ciociaria.
La protagonista de La Ciociara, Cesira, fugge dalla capitale (subito dopo l’arrivo dei tedeschi) e porta la figlia nella sua terra di origine.
Rosetta, un’adolescente molto garbata e devota, e Cesira, donna dal carattere forte e duro, riusciranno nell’impresa e per nove lunghi mesi faranno i conti con il freddo, la fame e i pochi risparmi che, giorno dopo giorno, si esauriscono.
È in Ciociaria che incontreranno Michele, uno dei tanti abitanti della zona, uomo dedito alla lettura e alla riflessione. È un giovane istruito, laureato in lettere, antifascista convinto ma che non concretizza con nessuna azione la sua opposizione al regime. Eppure, è un uomo completamente diverso rispetto al Michele de Gli indifferenti. Lui non è indifferente, e nemmeno annoiato, da quel che accade. Si informa, legge, condivide i suoi pensieri con Cesira e Rosetta. La sua è una resistenza intellettuale che condividerà con le due donne.
Un giorno, però, sarà messo a dura prova. Non si sottrae, il Michele de La Ciociara, a una possibile tragica fine. Va incontro alla morte senza tirarsi indietro.
Non è un caso che questo Michele rappresenti l’ideale redenzione del Michele “indifferente”.
Per le due donne, però, le tragedie della guerra non finiscono qui.
Dopo la fuga da Roma, gli stenti in Ciociaria e la perdita di Michele, madre e figlia saranno vittime di altre violenze della guerra. E Rosetta, la dolce figlia remissiva e silenziosa, non sarà mai più la stessa.
Perché in fondo, dalle guerre, non si salva – veramente – mai nessuno.