Romanzo epistolare, saggio, autobiografia. È tutto questo “La Siria promessa” di Hala Kodmani. Un immaginario scambio di mail con il padre, in piena “primavera araba” consente all’autrice di indagare la storia e le contraddizioni di un Paese alle prese con la più complessa e mortale guerra civile dei nostri tempi…
Raccontare la Siria non è facile. Raccontare una guerra che ha lasciato e continua a lasciare, senza tregua, fiumi di sangue sulle strade non è per niente facile. «Farò del mio dolore inchiostro/e verserò righe di sentimento/e la paralisi dei miei gesti/si scontrerà/con la vita delle mie parole/Come un turbine/la guerra delle armi/la guerra del cuore», nei versi della poesia Inchiostro della giornalista e scrittrice italo-siriana Asmae Dachan vi è l’essenza di tale racconto che parte dal dolore, dal cuore. Chi ha sete di sapere e di capire si rivolge alla narrativa e letteratura siriana che, soprattutto negli ultimi anni, ha testimoniato in modo lucido la condizione di un popolo che ha conosciuto la dittatura e, dal 2011 in poi, la guerra. Letteratura che dà voce agli inascoltati, tenta di riportare ordine nel caos di informazioni che giungono da un terra che sembra lontana ma non lo è, ha lo scopo di ristabilire una verità spesso distorta, racconta il dolore dell’esilio.
Email tra padre e figlia
Nel solco di tale “tradizione” si pone il libro di Hala Kodmani, esperta di mondo arabo e reporter per Libération, La Siria promessa (232 pagine, 18 euro), pubblicato da Francesco Brioschi Editore nella collana GliAltri e tradotto dal francese da Elisabetta Bartuli. Un punto d’incontro tra romanzo epistolare, saggio e autobiografia che racconta la storia della Siria, mettendone in mostra il caos e le contraddizioni che hanno spinto il suo popolo ad abbracciare la “primavera araba”, una serie di proteste ed agitazioni partite alla fine del 2010 in Tunisia e diffuse ben presto in buona parte dei paesi arabi. L’espediente utilizzato dall’autrice è un dialogo immaginario con il padre Nazem (uno scambio di email), venuto a mancare qualche anno prima, che ripercorre non solo le origini del conflitto che ancora oggi imperversa in terra siriana, ma le condizioni storiche e sociali dell’ultimo secolo che hanno portato a tale conflitto. Padre e figlia conoscono la sofferenza dell’esilio (alla fine degli anni ’60 lui, attivista nazionalista arabo, lascia la Siria) e il rapporto che si instaura tra gli intellettuali esiliati e la produzione culturale, ovvero la fuga da un regime nemico che, attraverso la letteratura, diventa testimonianza e coscienza critica. La famiglia Kodmani si è rifugiata in Francia anni addietro e adesso Hala non la riconosce più
È in particolare di questo malessere che volevo parlarti da qui, da questo paese che sta diventando penosamente razzista e si ripiega su sé stesso […] questa Francia a cui tu hai affidato con orgoglio i tuoi figli adesso viene abbandonata dai tuoi nipoti.
Ri-scoperta delle origini e gratitudine
Ciò che emerge è un confronto tra due generazioni che vivono diversamente la lontananza dalla terra natia e il rapporto con il paese che li ha accolti: Nazem, che conosce bene la Siria è consapevole del privilegio di vivere in un paese civile; Hala, invece, mette a fuoco il “declino” di una civiltà sempre più razzista e xenofoba. Ripercorrendo la sua storia personale, attraverso i ricordi e il passato del padre, l’autrice narra la storia del suo paese dalle origini, partendo dal Mandato francese. Ciò che rimprovera al padre è la contraddizione di essersi mobilitato contro l’occupazione francese per finire, poi, a idealizzare l’occupante. «Alla fin fine, come succede a tutti i colonizzati, anche in Siria le famiglie borghesi e le elite politiche erano immerse nella lingua e nella cultura dell’occupante». Il partito Baath, la lotta per l’indipendenza, la rinascita araba e la fine del colonialismo, la Siria della Guerra Fredda, le illusioni tradite delle primavere arabe e la dittatura della famiglia Assad: un lungo percorso che è di ri-scoperta delle proprie origini, di gratitudine verso il genitore che, nonostante l’esilio e l’amore per la Francia, non ha smesso di impartire nella figlia la fiducia nel mondo arabo. Se dal un lato Nazem con i suoi ricordi ripercorre la storia della Siria, Hala lo mette a conoscenza del fermento rivoluzionario che sta attraversando il mondo arabo (la corrispondenza tra padre e figlia avviene nel 2011, in piena “primavera araba”) e delle illusioni e speranze che ben presto svaniscono come fantasmi. È uno scambio tra passato e presente.
Per noi, forse, è arrivata l’ora della rivincita, quella che ci farà superare il trauma di essere stati espulsi a forza da un paese che avevamo rinunciato ad amare.
L’eterno ritorno del dolore
Durante tale fermento, l’autrice riscopre l’orgoglio di essere siriana, l’amore per un popolo che sente suo e che la ricambia, per un paese ritrovato che, a causa delle vicende della sua famiglia, aveva imparato a disdegnare. “L’avversione per la nostra Siria che vi avrei trasmesso probabilmente era il frutto delle mie ferite non cicatrizzate e di un accumulo di delusioni”, scrive il padre alla figlia. Ma come un cerchio che non si chiude per via di un passato che è destinato a ripetersi, quelle ferite e delusioni rivivono nell’animo dell’autrice. L’eterno ritorno, un inizio senza fine. Persino il dolore diventa un cerchio che ripassa e travolge: il dolore di quei giovani siriani rivoluzionari, coraggiosi e intelligenti, con una coscienza politica che subiscono gli stessi soprusi dei padri e, pagando a caro prezzo la libertà, si ribellano.
È la democrazia che la gente vuole, è per la dignità e la libertà che questi ragazzi muoiono giorno dopo giorno.
Il cancro della dittatura
I padri hanno lottato per l’indipendenza dall’occupazione francese in nome di un nazionalismo arabo che, nel corso del tempo, è diventato lo strumento per concentrare il potere nelle mani di pochi e attuare una dittatura, un cancro che corrode i sentimenti più intimi dei cittadini. Il sentimento della speranza, in primis, e da questo punto di vista le due generazioni sembrano accomunate anche per il tragico destino a cui sono andate incontro. Oggi sappiamo che la primavera araba in Siria si è trasformata in un drammatico conflitto, in una rovina che, però, ha rilevato un popolo forgiandone un ‘identità vocata all’unità perché nel dolore i siriani si sono uniti.
No, non perdiamo la speranza! Malgrado i momenti difficili, la speranza e qui e io continuerò a battermi fino all’ultimo respiro
La Siria promessa di Kodmani racconta non solo più di un secolo di storia del paese siriano, ma di una famiglia della buona borghesia damascena, politicamente attiva, che ha conosciuto l’esilio. Un romanzo che, attraverso un continuo cambio di prospettiva tra passato e presente, aiuta a comprendere le circostanze storico-sociali e le contraddizioni in cui si sviluppa la guerra civile, la più mortale e complessa della nostra era.
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