“L’ultima erede di Shakespeare” della siracusana Elvira Siringo riaccende le ipotesi delle origini siciliane di William Shakespeare. Racconta in parallelo le vicende del giovane Bardo e delle sue peregrinazioni che lo conducono in Inghilterra, e quelle attuali di una donna messinese e di un agente segreto. Un pretesto per ribadire il multiforme ingegno di Shakespeare e l’impatto che ha avuto nella cultura mondiale di tutti i tempi
Italiano (come molte delle città in cui ambientava le sue opere), anzi addirittura siculo di Messina, William Shakespeare? L’ipotesi non è nuova, inizia ad avere le rughe, ma anche in questo senso il Bardo (protagonista di libri e film) non smette di affascinare semplici lettori appassionati, studiosi e anche narratori. Per restare ad anni recenti hanno speculato sulla faccenda Andrea Camilleri (nell’introduzione alla traduzione shakespiriana a Troppu trafficu ppi nenti) e Domenico Seminerio, con il suo Il manoscritto di Shakespeare, pubblicato da Sellerio. Adesso è un’altra autrice siciliana – in qualche modo accesa dal romanzo di Seminerio – la siracusana Elvira Siringo a misurarsi con questo tema, col ragionevole dubbio delle origini, intrecciandolo, attualizzandolo e dando forma a un romanzo misterioso e avvincente, edito da Piemme, L’ultima erede di Shakespeare (576 pagine, 20 euro).
Doppio piano temporale
Doppio è il piano temporale del romanzo e quello più recente vede come protagonisti Elisabetta Villa, rimasta sola al mondo, a Messina, ultima erede del drammaturgo e insegnante d’inglese, e sir Thomas, ex attore e agente segreto. Entrambi alle prese con vari colpi di scena e sullo sfondo la possibilità che la storia della letteratura abbia un altro corso. Poi si torna anche nella Messina della fine del sedicesimo secolo, a tu per tu con i languori e le furie di Michelagnolo Florio, figlio dell’illustre medico ebreo Giovanni Florio e di donna Memma Crollalancia (da cui la versione inglese, Shakespeare), giunti da Palermo nella città dello Stretto.Il giovane Michelagnolo, perseguitato in quanto ebreo, risale l’Italia e giunge in Inghilterra passando dalla Francia; Oltremanica un suo celebre cugino, il linguista John Florio, lo presenterà alla corte della regina Elisabetta I. In uno sfondo storico ben tratteggiato Elvira Siringo, al di là del pretesto della presunta sicilianità di Shakespeare, ne canta il multiforme ingegno, anche linguistico (si pensi alle tante espressioni straniere, latine, ebraiche, italiane e non solo, con cui arricchì l’inglese del suo tempo), e l’impatto che ebbe nella sua epoca e ben oltre.
Omaggio nell’omaggio
L’incastro di storie, per come è stato concepito da Elvira Siringo ne L’ultima erede di Shakespeare, e certi passaggi emozionanti e visionari sembrano essere quasi un ulteriore omaggio all’immaginifica capacità del Bardo di concatenare vicende, dettagli (anche, soprattutto, italiani e siciliani), rimandi, scomparse, agnizioni, incontri, a partire da quel che sembrerebbe un casualissimo incontro con un anziano inglese, per Elisabetta, che dà il là a un turbinio di storie. Quelle che trascinano il lettore a lungo, felicemente.
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