In “Bambini nel tempo”, uno dei primi successi di Ian McEwan, si intravedono anche tutte le qualità dei suoi libri successivi. Questo suo famoso titolo, a partire dalla drammatica scomparsa di una bimba, è un grande inno all’amore e alla vita e una profonda riflessione spirituale ed esistenziale a partire dal tempo
Nel vasto catalogo Einaudi, inciampando in Ian McEwan, tutti i suoi titoli sono pubblicati in Italia dalla casa editrice torinese, basterebbe pescare a caso, almeno io tempo fa ho fatto così e mi sono ritrovato tra le mani (forse proprio per caso, forse per la sola suggestione del titolo) Bambini nel tempo (Einaudi 1988), poi naturalmente ce ne sono stati altri. Nel caso specifico si tratta di uno dei suoi primi romanzi, del 1987, pubblicato da noi l’anno successivo con traduzione di Susanna Basso, la stessa traduttrice della quasi totalità delle opere di “Ian macabre”, appellativo dato allo scrittore inglese per le atmosfere torbide e spesso inquietanti dei suoi romanzi.
Il tempo perduto (e forse ritrovato)
Il titolo dice già molto: l’infanzia e il tempo perduto (e forse ritrovato) sono i protagonisti del romanzo che è anche e soprattutto un grande inno all’amore e alla vita. La drammatica e dirompente vicenda che alimenta il plot del romanzo ha conseguenze inevitabili per Stephen, uno scrittore di successo di libri (suo malgrado) per bambini (McEwan stesso ha scritto libri per l’infanzia) e per sua moglie Julie. Il dolore e il vuoto incolmabile per la scomparsa di Kate, la figlia di tre anni svanita nel nulla mentre è al supermercato con il padre, oltre a allontanare i coniugi e lungi dal voler essere il tipico espediente strappalacrime, per quanto di tragica enormità, innesca in questo affascinante e complesso romanzo una più profonda riflessione esistenziale e spirituale, con quel tanto di metafisico che lo contraddistingue, quella «possibilità di vedere qualcosa fuori del tempo», in un continuo intreccio di passato e presente, un tempo scisso in fotogrammi separati che crea e distrugge, addolcisce e inasprisce, cura le ferite o esaspera le mancanze, un tempo non lineare come può essere quello dilatato durante i pochi secondi di un incidente stradale come quello che accade a Stephen, il tempo che fluendo ininterrottamente sembra ritornare su se stesso lasciando schegge come nell’episodio evocato dai ricordi della madre di Stephen avvenuto in un pub di campagna, quando la donna era incinta di lui e che si ripropone quasi in modo medianico anni dopo tramite un sogno di Stephen adulto.
La citazione di alcuni versi dai Quartetti di T.S. Eliot è in tal senso emblematica:
Il tempo presente e il tempo passato/ Son forse presenti nel tempo futuro/ E il tempo futuro è contenuto nel tempo passato.
Il dramma ci viene sbattuto in faccia dopo poche pagine: Kate è scomparsa, la sua assenza-presenza è quella che fatalmente fa da sfondo a tutto il romanzo. Fatte le debite proporzioni ricorda la sceneggiatura di un capolavoro del cinema, quell’Avventura di Michelangelo Antonioni nel quale Anna, la figlia di un diplomatico prossima al matrimonio scompare dalla piccola isola pietrosa dove era in vacanza con degli amici. Anna non farà più la comparsa durante il film e questo accresce esponenzialmente il dramma, il fascino, il mistero e l’aspettativa per un suo possibile ritrovamento. Questo breve inciso cinematografico per ricordare che McEwan è anche sceneggiatore, sia per il cinema che per la televisione e alcuni suoi romanzi, fra i quali L’amore fatale, Lettera a Berlino, Cortesie per gli ospiti, fino più recentemente a Chesil Beach, sono stati portati sul grande schermo. I suoi stessi romanzi hanno implacabili e geometriche sceneggiature, plot ferrei, continui flashback, un continuo caos organizzato gestito con maestria da questo grande architetto delle parole il quale con l’eleganza della sua scrittura, mai una parola fuori posto, ognuna proprio dove dovrebbe essere (Everything in its right place, cit. Radiohead), senza mai ricercare l’effetto, vuole solo alimentare la voglia di continuare a leggere e scoprire, con un micidiale andamento da thriller e un gioco al massacro spesso presente in molte delle sue opere, lo stesso Cortesie per gli ospiti, il romanzo precedente a Bambini nel tempo ne è uno dei più fulgidi esempi.
L’infanzia e il manuale
Il sub plot di Bambini nel tempo è il rapporto di Stephen con Charles Darke, un editore di successo, scopritore e mentore di Stephen, Charles che successivamente si darà con esiti sorprendenti alla carriera politica, e con sua moglie Thelma, un’eminente studiosa di fisica. Charles tuttavia è anche un uomo depresso la cui nevrosi regressivo-infantile lo porterà a scelte drastiche, fino a quella più terribile e risolutiva del suicidio. L’infanzia rivendica la sua primogenitura sul romanzo, quell’età fatata fatta di atemporalità, libertà, regole ed egoismi, senza dimenticare le offese a lei rivolta, qui drammaticamente esemplificate nella scomparsa di Kate. I capitoli sono introdotti da brani del manuale sull’infanzia che Stephen su incarico dell’amico Charles è stato chiamato a stilare facendo parte di una commissione governativa, e sono intercalati dai ricordi d’infanzia in una continua sovrapposizione di piani.
In Bambini nel tempo è già presente molto del McEwan successivo, compresa la cruda ironia verso il sistema politico, il cinismo e il disincanto verso le ipocrisie del sistema sociale che in questo caso lascia solo trasparire il suo humour corrosivo. Il McEwan di Bambini nel tempo è commovente, intenso, potente. In questo caso è l’infanzia lo sfondo e il cardine, ma si ha già l’impressione che ogni cosa il romanziere tocchi questa possa diventare oro, basti pensare alle ultime opere dell’autore inglese, a partire da quella sorta di detective story de Il guscio del 2017, (l’amletico origliare di un bambino ancora nel ventre materno) oppure l’ucronia e riflessione sull’intelligenza artificiale di Macchine come me del 2019, fino al più recente omaggio a Kafka, la metamorfosi al contrario de Lo scarafaggio, l’ultima uscita di “Ian macabre” in questo per molti versi kafkiano 2020.
Il bellissimo finale
Non si butta via niente di Ian McEwan, in Bambini nel tempo, terzo romanzo di un autore agli esordi ma già folgorante, soprattutto dovremo tenerci il bellissimo finale che ha il sapore di un’epifania, con le parole di Julie in attesa di un figlio che nascerà a breve:
Doveva esistere un disegno più profondo nel tempo, i momenti giusti e sbagliati non potevano essere giudicati tanto superficialmente.
Il resto sono le ultime intense e commoventi pagine che narrano dettagliatamente un parto che avviene nel bel mezzo della notte in un cottage nella campagna del Kent, e giù il sipario e il cappello per Ian McEwan.
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