La vita è doppia e l’amicizia eterna, parola di Emanuele Trevi, che nel suo “Due vite” evoca le esistenze di Pia Pera e Rocco Carbone, con cui costituiva un trio di amici veri. Strappati alla vita prematuramente Pera e Carbone sono raccontati con cuore e intelletto in un saggio su vita e letteratura in cui la cornice narrativa ha il sopravvento…
«La vita pareva ancora nasconderci qualche promettente segreto». Tre amici a Parigi, un giorno di venticinque anni fa, «un ricordo luminoso». E di quei tre amici oggi ne resta solo uno, Emanuele Trevi, critico e scrittore. Pia Pera e Rocco Carbone, altri due scrittori, non ci sono più, ma rivivono in pagine che hanno la cifra di Trevi: narrati ed evocati senza sentimentalismi, ma con trasporto, e con dispiegamento lessicale di primo livello, senza una parola sprecata o fuori posto, senza una frase irrilevante. Con una visita al Musée d’Orsay inizia Due vite (131 pagine, 12,50 euro) di Trevi, pubblicato da Neri Pozza. E con una cartolina de L’origine del mondo di Courbet si conclude il cerchio nelle ultime pagine. Due vite perché tante sono quelle che ognuno di noi vive, la propria e quella nei ricordi altrui, che permettono di vivere ancora un po’. Da raccontare, questa seconda, possibilmente con grazia, perché «la scrittura è un mezzo singolarmente buono per evocare i morti».
Proseguire il percorso
Ragiona su desideri e passioni, sull’animo umano, Trevi – che ha ripreso qualche vecchio materiale, ad esempio l’introduzione a Per il tuo bene, romanzo postumo di Rocco Carbone, il cui titolo fu consigliato all’autore da Chiara Gamberale – spezzando il flusso narrativo che contiene le vite dei suoi due amici, le loro attitudini, i guai, le incomprensioni, i momenti belli, e i loro libri, accarezzati con sguardo critico e con ammirazione. Repentina la morte di Rocco Carbone, per un incidente, lunga quella di Pia Pera, vittima della Sla: Trevi erige un altare per gli amici, che grazie alle sue parole continuano a vivere, riflette sul senso dell’esistenza senza smettere di occuparsi di letteratura e arte, e prosegue il percorso iniziato nel 2012 con Qualcosa di scritto per Ponte alle Grazie: saggi che si appropriano di biografia e autobiografia, di critica letteraria, e in cui la cornice (e la materia) narrativa si insinuano, fino ad avere spesso il sopravvento sugli intervalli di pensieri e ragionamenti.
L’asceta e l’anticonformista
Le inquietudini e l’infelicità dell’asceta e inamovibile Rocco Carbone, l’anticonformismo e la sensibilità di Pia Pera, «una specie di perpetuo scintillio», mai ferma, alle prese con una disastrosa vita sentimentale (e con beghe legali per il suo Diario di Lo), sono ritratti senza retorica alcuna e senza arzigogolata pedanteria, senza saccenza; essenziale, pudico, misurato, ma profondissimo è il racconto della fratellanza fra tre amici e anche i momenti di distanza – con conseguenti rimorsi – con due individui che hanno prematuramente incontrato la morte e, per certi versi, l’avevano vissuta in vita, non compresi, non apprezzati fino in fondo, con la “colpa” di essere rari e unici, non omologati, non da classifica. Il commiato è commosso, ma non è affastellato di sole virtù, è molto sincero, racconta grandi sentimenti, allontanamenti, piccoli compromessi, Trevi, con cuore e intelletto, non fa sconti a se stesso né agli amici. Con gli occhi pieni di stupore, stupendosi di tutto. «Come è possibile – si chiede a un certo punto – che conteniamo in noi tante cose così disarmoniche e spaiate, manco fossimo vecchi cassetti dove le cose si accumulano alla rinfusa, senza un criterio?».
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