Ninì, nove anni, e il suo diario sono protagonisti del primo romanzo di Matteo Mohorovicich, “Lampedusa a mille miglia”. Il dramma dei migranti, i ricordi dell’Isola, l’amicizia. Un’opera profondamente realista e ben riuscita…
Il titolo del romanzo di Matteo Mohorovicich, Lampedusa a mille miglia, pubblicato da edizioni Panda, è un sintagma che racchiude in sé le dimensioni spaziali in cui si svolgono gli eventi. Infatti le vicende narrate si svolgono a Lampedusa e, a mille miglia da questa, a Bolzano, dove una famiglia di pescatori si trasferisce per sopperire alla povertà a cui è costretta.
Un piccolo e il suo quaderno
Ninì, un bimbo di nove anni, scrive tutto sul suo quaderno, così in forma diaristica ci pone di fronte a due tipologie di emigrazione: quella interna, dal meridione d’Italia al nord e quella esterna, proveniente dal continente africano. Tale drammatica realtà , viene quindi narrata da Matteo Mohorovicich attraverso il punto di vista di un bambino che, annotando le sue esperienze di vita quotidiana, s’incontra con il problema dell’immigrazione, soprattutto dal momento in cui il fratello porta a casa il piccolo Goodluck che la madre, sino alla sua morte, curerà con affetto, come se fosse suo vero figlio.
A Bolzano, Ninì vive una profonda amicizia con Franz con il quale condivide la passione per le passeggiate in bicicletta, nel corso di una delle quali gli pare di rivedere Goodluck, ma sarà vero? Di fatto la sua nuova vita non cancella il passato e Ninì con frequentissimi flashback, porta il lettore a Lampedusa con le sue spiagge e il suo mare e ai fatti e agli eventi lì vissuti e registrati oltre che sul suo diario anche e soprattutto nel suo cuore e nella sua mente. Così la struttura della fabula viene riavvolta in un intreccio in cui il presente è spesso condizionato dal passato, fino al punto da convincersi di avere rivisto, a Bolzano, il piccolo immigrato.
Un tema eterno
L’emigrazione non è un fatto nuovo per l’umanità, vichiano ricorso storico, sicuramente possiamo anche dividerla in esterna ed interna e per fermarci al secolo scorso e a quella italiana, non possiamo non ricordare l’emigrazione esterna dei primi decenni del Novecento verso le Americhe o l’Australia, che coinvolse molti Italiani, ma anche quella interna, soprattutto negli anni Sessanta, quando il boom economico del nord indusse tanta gente povera del sud ad emigrare e,di fatto, mai venuta meno, considerato che ancora oggi, molti giovani anche laureati sono costretti a cercare fortuna non solo nel nord Italia, ma anche in Europa.
Sul solco di una tradizione
Notevole è la produzione letteraria che si occupa del tema, infatti già nelle pagine di autori come De Amicis, Pascoli, Pirandello o Soldati affiorano episodi molto duri, storie di persone che hanno vissuto le pene dell’inferno per rifarsi una vita, ma per citare anche qualche autore più recente, ricordiamo: Armando Gnisci, Otto Bitjoka, Gezim Hoxha, Carmine Abate, John Fante, Santino Spinelli, etc …, che attraverso la letteratura cercano di preparare un nuovo mondo transculturale, alieno da pregiudizi razziali che spesso hanno reso drammatica la storia dell’umanità. Il genere diaristico a cui l’opera di Matteo Mohorovicich è ascrivibile, giustifica le frequenti analessi, attraverso le quali lo scrittore, in posizione omodiegetica, fa emergere i ricordi e il punto di vista del piccolo protagonista e racconta il passato della sua famiglia; il linguaggio presenta frequentamente termini dialettali, nella volontà d’immergersi anche nel lessico di Ninì, insomma anche nello stile si rileva la volontà di proporre al lettore un’opera profondamente realista.
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