Niffoi, due sorelle mancate e il tormento dei sentimenti

Vivono nella Sardegna interna e immutabile, a distanza di decenni, le protagoniste del più recente romanzo di Salvatore Niffoi, “Le donne di Orolé”. Isoppa e Sidora sono due creature intrappolate in società patriarcali, a cui quasi non si ribellano, facendo i conti con tragedie, segreti e desideri. La conferma di uno scrittore inattuale ma di grande valore

Le parole meticce, lo sguardo ancestrale, la Sardegna interna, dei piccoli centri lontani dal mare, dinamiche d’altri tempi, immutabili, specie quelle familiari, squarci onirici. Ci si imbatte in questa dimensione, immergendosi nei romanzi di Salvatore Niffoi, e non si resiste. La sua scorza dura di narratore, al di là delle mode e delle critiche, resiste e torna ad affascinare ogni volta, come nei suoi titoli migliori, i primi editi da Il Maestrale e i grandi successi pubblicati da Adelphi. Nella casa editrice Giunti Niffoi, che più di una volta ha annunciato il ritiro dalle scene, sembra avere trovato il grembio giusto per rinascere ogni volta intatto e mutevole, uguale e diverso, per continuare la sua strada da “incantastorie”, per non stancarsi di regalare manciate di storie e personaggi.

Tra ferocia e armi da fuoco

Con Giunti Niffoi, dopo Il venditore di metafore (ne abbiamo scritto qui) e Il cieco di Ortakos, pubblica Le donne di Orolé. Le sue pagine brulicano di leggi primordiali, i due racconti lunghi che compongono il volume hanno in comune un luogo. Le rispettive protagoniste sono donne che appartengono a due generazioni distanti. Isoppa Licanza è analfabeta, ma sa molto della vita, è cresciuta in un mondo fatto di ferocia e armi da fuoco, di pochissime parole e di leggi ataviche; minorenne ha detto sì a un matrimonio combinato, il padre ha scelto per lei Zelleddu Travone; la dinastia criminale a cui appartiene è

un albero che non si lasciava scuotere neanche dal soffio rabbioso del maestrale e offriva riparo dal sole e frutti d’oro a tutti gli abitanti di Orolé e del circondario.

L’unica “irregolarità” all’universo che gli è stato dipinto attorno e che lei ha accettato senza fare troppe storie è uno dei suoi figli, Mucreddu, un figlio nato da amore vero, concepito in un giorno di pioggia con un uomo diverso da tutti gli altri, un figlio che

sembrava un incrocio tra un bue porporino e una pannocchia ambrata. Aveva gli occhi dorati da assiolo e le orecchie a punta rivolte verso l’alto.

Tra denaro e potere

Due generazioni più tardi è venuto meno il potere della famiglia a cui apparteneva Isoppa Licanza. Dominano altri e più che i possedimenti e gli animali conta il denaro e il potere che ne deriva, agli pseudovalori di un tempo arcaico ne sono subentrati altri, quelli della società del benessere e del capitalismo. Sidora Puntera è una “sorella” di Isoppa, altra donna in balia di un amore in qualche modo maledetto – sta con Martine Zumbau, uno degli eredi di chi ha spazzato via il clan che dominava negli anni Venti e Trenta. Bellissima e intrappolata nei doveri, Sidora teme il buio come Isoppa, e quasi non sa cosa sia l’amore, o forse sì. C’è Bore Crapittu, impacciato e timido che attende da sempre…

Lessico suggestivo, andamento serrato

Un filo lega queste due creature sottomesse, lontane nel tempo ma accomunate dal tormento dei sentimenti, da sangue, tragedie e tradimenti, da un luogo in cui, nel cimitero, sono sepolti il demonio o l’arcangelo Gabriele, a seconda di diverse campane. Oscillano, Isoppa e Sidora, tra verità e menzogne, fra segreti inconfessabili e desideri impossibili. Sorelle mancate, circondate da uomini che sembrano, ma non sono, figure create con lo stesso calco. Un lessico suggestivo e un andamento serrato conferiscono a questo ennesimo libro di Niffoi un’aura speciale. L’autore si conferma tra i più importanti nomi del panorama attuale, pur nella sua inattualità di fondo.

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