Un’elegia dei tempi andati, un’epopea del Novecento, in cui i protagonisti cercano un posto nel mondo, un lavoro dignitoso, una strada da seguire. È “Sangue e pane” di Vito Ribaudo, milanese di origini siciliane, che ambienta nell’Isola, a Mistretta, buona parte del romanzo
Dal cuore dei Nebrodi all’America e poi di nuovo in Italia, ma al nord. Sempre lasciando un pezzetto di cuore dietro alle spalle, andando avanti col groppo in gola, a caccia di un posto nel mondo, da conquistare, di un lavoro dignitoso, anche capace di dare un senso alla vita. È la parabola geografica ed esistenziale di una saga, Sangue e pane (188 pagine, 14,90 euro), un romanzo pubblicato dalla casa editrice Morellini. L’autore, il milanese Vito Ribaudo (nella foto di Giuseppe Di Piazza), direttore delle risorse umane di Rcs, ha la Sicilia nel Dna: la sua famiglia è infatti originaria di Mistretta (in provincia di Messina), dove è ambientata la prima parte del romanzo, con qualche spunto reale. Dal suo esordio semiautobiografico per Rizzoli, Una grande opportunità, al successivo titolo, il giallo L’elbano, a questo più recente libro Ribaudo mostra grande versatilità.
Un figlio che non s’accontenta
La Sicilia che fa da proscenio alle prime settanta pagine è quella dei decenni fra le guerre mondiali. Un’Isola arcaica e contadina, vista con lo sguardo della famiglia Vastiani, che è riuscita ad affrancarsi dalla mezzadria, ma ha in seno un figlio che non si accontenta, Isidoro. Radici, tradizioni e un destino segnato gli stanno stretti, vuole di più, una strada che sia tutta sua. Andrà a cercare il proprio destino Oltreoceano, maledetto dal padre, e diseredato un paio di settimane dopo la partenza. Il vortice degli eventi che lo condurrà a New York avrà risvolti felici, l’amore per Elizabeth, madre dei suoi figli Juliet e Matthew, prima di un ritorno in Sicilia con conseguenze nefaste.
Milano da bere e agnizione
Il filo degli eventi seguirà la terza generazione della famiglia Vastiani, tra dolori e gioie, e in particolare, Juliet, che tornerà in Italia, ma a Milano (passando per gli anni Ottanta, in cui la città «si beve da sola, arriva a ubriacarsi di se stessa ma non ne ha consapevolezza alcuna»), dove il cerchio si chiude sul finire dello scorso millennio, in un bel coinvolgente finale con un’agnizione – c’è di mezzo Vincent, figlio di Juliet – e con una lettera. Con Sangue e pane Vito Ribaudo scrive un’elegia dei tempi andati e del destino da plasmare e governare, un’epopea che merita l’attenzione dei lettori.
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