“La moglie del colonnello” è il romanzo-monologo di Rosa Liksom che interpreta la vita della scrittrice lappone Anniki Kariniemi lungo tutto il Novecento. L’anziana protagonista ripercorre la sua esistenza, fra paura e amore, da segretaria e moglie del colonnello, uomo di potere che farà di lei una nazista…
“Un saggio ha detto che puoi lasciarti sottomettere una sola volta, ma la mia esperienza di vita mi ha dimostrato che puoi farlo una, due, tante volte”. Ci sono realtà e immaginazione nella forma scelta per il romanzo-monologo di Rosa Liksom, che colma, interpreta, riempie e «dà voce immaginaria al personaggio reale della scrittrice lappone Anniki Kariniemi», scomparsa nel 1984, la cui vita ha attraversato il Novecento e le cui passioni hanno incarnato «un’antica terra» e allo stesso tempo «una nazione ancora giovane: la Finlandia, divisa per oltre mezzo secolo da passioni politiche estreme e perennemente contesa dai potenti pretendenti ai confini», come sottolinea Ingrid Basso in una nota di approfondimento del libro curato e tradotto da Delfina Sessa. È una finestra, quella su cui si apre il romanzo, edito da Iperborea, La moglie del colonnello (224 pagine, 16,50 euro), una casa lontana, dalla quale arriva «debole, una luce. È la casa della moglie del Colonnello».
La poetessina contro i rossi…
Lì una donna anziana, giunta agli ultimi momenti della sua “quarta vita”, ricorda tutto ciò che è stato, sostenendo che «il bello della vita vissuta è che non torna più», anche se nulla è destinato a scomparire, mai. Ripercorre la sua vita, da cui i ricordi non scompaiono, e allo stesso tempo cammina a ritroso nella storia del suo Paese, perché c’è un passato doloroso che le accomuna. La protagonista di questo romanzo cresce negli anni di grande fermento politico per la Finlandia: cresce fra le scout, diventa donna fra i “Bianchi”, milita per combattere i Rossi, ovvero i Russi, che continuano a premere lungo “l’orlo della gonna” della Finlandia, una paura che getta, di fatto, la nazione fra le braccia del nascente movimento nazionalsocialista tedesco, illusi che l’alleanza con i nazisti avrebbe allontanato definitivamente i sovietici dalla penisola. La poetessina, così impariamo a conoscere la protagonista, cresce cercando di lasciare un segno, imparando che le persone perbene sono “affidabili, servizievoli, ammodo, obbedienti, responsabili, lavoratrici, coraggiose e patriottiche”. Cresce convinta che l’amore sia una battaglia che comincia con l’odio da parte dell’uomo e finisce con la sua vittoria morale, “la donna doveva imparare ad accettarlo, ad amare il suo uomo di un amore innocente e puro”.
… e in simbiosi col marito nazista
Quando nella sua vita entra il Colonnello, lei ha solo quattro anni. In questo quadro d’infanzia, Rosa Liksom disegna questa unione fra uomo e donna, non un uomo qualsiasi, ma il Colonnello che godeva della stima di molti, un uomo di potere, temuto, come l’inizio dell’annullamento della protagonista, tanto che non le darà mai un nome, ma un ruolo ovvero la moglie del Colonnello, sarà l’unico nome che conoscerà, dopo la morte di suo padre. Così il Colonnello, con la sua abile costanza e pressione, farà di lei una nazista, una donna senza ideali, ma ideologie nelle quali sprecarsi, sarà la sua segretaria, aderirà in tutto e per tutto alla simbiosi del loro rapporto, che ha gli albori nella clandestinità e culminerà con il matrimonio. Ed è qui che qualcosa muterà per sempre, quando la donna entrerà nel suo ruolo; la poetessina sacrifica, sì, se stessa per un desiderio insopprimibile che sente per il Colonnello, passione e tragedia che seguono di pari passo, la storia della Finlandia. Un uomo crudele, spietato, che ha venduto l’anima al diavolo, dicono molti; lei stessa confessa al lettore di aver avuto paura di quell’uomo, ma come questa paura innescasse il desiderio; «in tutto il villaggio si parlava delle puttane del Colonnello, che scomparivano senza lasciare traccia e delle sue mogli e amanti che da donne forti, decise e volitive si trasformavano in spettri barcollanti»; è in quegli anni decisivi per la storia finnica che la poetessina si lega segretamente al Colonnello. L’uomo che incarna il potere e la fascinazione del decisionismo, un uomo carismatico che non perde occasione per insidiare le donne, poco importa quanti anni abbiano. Un uomo che lei vede “diverso dagli altri ufficiali, ed era bello anche se era vecchio”. E se gli effetti distruttivi del nazismo non tardano a mostrarsi ai suoi occhi, “da Ilse vidi tutto: i campi di concentramento, la violenza, gli omicidi, le esecuzioni e l’odio. Io sapevo cosa facevano i nazisti, e in Finlandia lo sapeva chiunque sapesse leggere i giornali”; ci vorrà più tempo perché lo stesso terribile presagio si compia sulla figura del Colonnello: il suo matrimonio, che scatenerà tutta la violenza che l’uomo ha in corpo, sarà il fallimento di cui lui è il ritratto e l’azzeramento nel quale troverà la sua chiave di svolta. Un’escalation vertiginosa.
La fame di potere nelle ossa
Eppure lo sguardo della protagonista non è mai innocente. Vuole amore e allo stesso tempo dominio, o forse è il senno di poi che fa rivelare, con profonda lucidità, i trascorsi di una donna anziana. Il matrimonio e la guerra seguono due binari paralleli e più scorre il tempo, più “diventano spaventosi”. È una vita che attraversa il romanzo. Un ostaggio, un carnefice, un panorama terribile, «tutti noi abbiamo dentro, accanto all’amore e alla compassione, la crudeltà, la ferocia e l’indifferenza». Il romanzo di Rosa Liksom, lo dice l’autrice in un’intervista, è «l’anatomia della vita», «un monito contro i periodi di nazionalsocialismo e nazismo». La fame di potere del Colonnello entrerà nelle sue ossa, come se fosse una comunione di intenti. Salvarsi sembra impossibile, eppure «la donna diventerà forte, più forte dell’ideale maschilista» nel quale cresce e al quale sembra voler aderire, annullata completamente nella figura del Colonnello. C’è riscatto in una natura struggente senza filtro: «il vento mi portava alle narici l’odore del grano falciato, del trifoglio e della pece per le barche mentre muta come un pezzo di legno […] ero sotto lo sguardo delle foglie argentee dei salici, coccolata dallo sfrigolio dei cespi di steli secchi, dal vento penetrante, dai temporali autunnali che scoppiavano improvvisi e dalle distese d’acqua del lago»; e nella scrittura in cui la protagonista affoga i propri ricordi, mostrando al lettore tutto quel male insinuatosi nelle sue quattro vite, cercando da lui le risposte che forse non arriveranno mai. Il respiro della natura consente una lenta rigenerazione tanto da sentirsi «così libera, così completa, così illimitata […] ero forza ultraterrena e bellezza dalla testa ai piedi».
Un territorio antico e gli spettri
Alle sue spalle un territorio antico, in cui volteggiano i suoi quattro spettri, che come nel Canto di Natale di Charles Dickens, tornano a farle visita. Rosa Liksom interpreta con un linguaggio feroce e seriale il riscatto di una donna che annega, confusa, in preda ai dolori, in un sogno, immersa definitivamente in un immaginario che si muove velocemente, generando energia. La sua è un’indagine aperta, una competizione con se stessa, per capire chi è stata, cos’è stato del suo paese e quando arriverà per lei, una vera assoluzione. Stritolati entrambi, la donna e la Finlandia, da un’idea di sogno sconfinata nella scomodità di un ultimo desiderio: vivere, alla luce di tutto.
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