Il reportage narrativo di un andare senza meta: ecco cosa è “Viaggio in Portogallo” di José Saramago, che si era infine autoesiliato a Lanzarote. Il viaggiatore lettore assapora una bellissima terra, non solo nel presente ma anche nel passato. Tra storia, leggende e fiabe
I resoconti di viaggio dei grandi affabulatori, e Saramago è senza dubbio uno di questi, sono sempre più un perdere/rsi che un trovare/rsi, non si arriva mai dove si pensava di arrivare e spesso non si sa nemmeno quale sia la meta o lo scopo del viaggio. Anche se Viaggio in Portogallo (457 pagine, 12 euro), tradotto da Rita Desti per Feltrinelli, ha più la forma di un reportage narrativo, vale quindi l’osservazione di Claudio Magris in prefazione sul viaggio come smarrimento, uno scrittore che di trans-navigazioni più o meno senza meta è un esperto, basti pensare al suo Microcosmi che nel 1997 gli è valso il Premio Strega o Danubio, anche se in questo caso il racconto si svolge linearmente lungo il corso del fiume, dalla sorgente fino alla foce.
Un girovagare ondulatorio
Nel caso del maestro portoghese, uso la reverenza dovuta a un Nobel, questo viaggio è un girovagare ondulatorio attraverso la sua amata terra, estremizzando potrebbe essere definita una sorta di guida turistica letteraria, un viaggio dell’anima, forse come è ogni viaggio, dentro l’arte, l’architettura e la storia del suo a dispetto di tutto amato paese, lo stesso che, prima ai suoi esordi in piena era salazarista, poi a seguito di opere come Caino e soprattutto Il Vangelo secondo Gesù Cristo lo ha stigmatizzato e censurato tanto da “costringerlo” al confino che si è autoimposto nella selvaggia Lanzarote, paese verso il quale in ogni caso questo volume è un grande atto di amore. Partendo dal confine montuoso all’estremo nord del confine con la Spagna, nella regione del Tras o Montes, il percorso si snoda narrando le circumnavigazioni del narratore-viaggiatore Saramago fra i luoghi di culto, spesso chiusi sottochiave e sbarrati o aperti appositamente per l’occasione da solerti donne del posto, in una geografia residuale rispetto a quell’Europa della quale il Portogallo è l’estrema propaggine occidentale che sembra pronta a prendere il largo nel vasto oceano come vagheggiato nella Zattera di pietra.
Meraviglie conosciute e luoghi marginali
Il viaggio tocca non solo le maggiori e conosciute meraviglie, da Mafra ad Alcobaça, da Sintra a Braga a Vila Real, ma anche e soprattutto luoghi marginali e sconosciuti, chiese e conventi di sperduti villaggi, gli annessi musei, palazzi e fortezze e i paesaggi nei quali questi sono immersi. In quelli stessi luoghi diventiamo noi stessi viaggiatori-lettori, parte di quella terra e dei suoi tesori, impariamo a decifrare, portali, archivolti, stili architettonici, capitelli, periodi storici e correnti artistiche che spesso come avviene in tutto il Portogallo si sovrappongono. Sapremo di piccoli villaggi arrampicati sui monti o di piccole cittadine che si affacciano sull’Atlantico dal poetico nome come A Ver-o-Mar, scopriremo storie di visigoti, di chiese, di paesaggi e di letteratura portoghese, anche quella meno conosciuta oltre i suoi confini. L’insistenza rivolta all’arte religiosa, omaggio laico alla bellezza del Portogallo sulla quale il viaggiatore Saramago sembra insistere, opera quasi una sorta di contrappasso rispetto alla sua da sempre dichiarata opposizione all’autorità ecclesiastica e al suo ateismo. Scopriremo all’interno di quei borghi qua chiamati villaggi le più recondite fiabe che si stagliano dai racconti dei villani e dalla penna immaginifica in vena di realismo magico di Saramago.
Rivisitare il passato
Non sorprenderà così la narrazione del fantasma Jose Junior, lo scemo del villaggio, rievocato dal ricordo della visita a uno sperduto villaggio nelle Beiras, o arrivare a scorgere con la fantasia la casa della Bella Addormentata nel giardino di un palazzo rinascimentale al calar della sera, e ancora altre suggestioni, anche solo letterarie da antiche leggende e fatti storici realmente accaduti come in grandi e tragiche storie d’amore fra dinastie reali avverse, il viaggio infatti è anche una rivisitazione di un fastoso e in qualche modo rimpianto passato, un viaggio che prosegue da nord a sud, che lambisce la sognata Lisbona, solo evocata, fino alle riarse e accecanti terre dell’Alentejo, per finire nella dispersione della luce dell’Algarve dove come sul miele le formichine del turismo di massa accorrono frenetiche, senza una linea retta, facendo assaporare al viaggiatore-lettore il gusto di questa bellissima terra e il suono della sua musica grazie a uno dei suoi più grandi cantori che con l’immaginifica forza della sua penna ci accompagna in queste 450 pagine tutte da percorrere assieme, consapevoli come ci ricorda nella bellissima chiusura che «Il viaggio non finisce mai. Solo i viaggiatori finiscono. E anche loro possono prolungarsi in memoria, in ricordo, in narrazione».
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