“Non dirmi chi sono” di Giulia Veca è un diario romanzato sull’esperienza dell’autrice come consulente del Comune di Palermo per il campo-rom. Un’esperienza forte e significativa, il resoconto di un coinvolgimento all’interno di una comunità che ha dignità e cultura
Attribuire un genere a Non dirmi chi sono (174 pagine, 14 euro) di Giulia Veca, Aut Aut edizioni, è complesso: una cronaca, un diario? Forse è meglio definirlo un diario romanzato in cui i viaggi sull’autobus di linea 101 fungono da variante introduttiva all’esperienza vissuta di giorno in giorno a Palermo, presso il campo Rom della Favorita, da Giulia, che in qualità di consulente del Comune, vi si reca.
No ai luoghi comuni
Assunta la posizione di narratrice omodiegetica, Giulia fa entrare i lettori in un mondo sconosciuto, o meglio conosciuto solo attraverso pregiudizi, luoghi comuni che inducono a considerare in modo negativo questa popolazione senza fissa dimora, ma non per questo aliena ad un suo caratterizzante modus vivendi che l’autrice-narratrice e protagonista cerca di fare conoscere nei vari aspetti che lo caratterizzano: i costumi, le tradizioni, la religiosità, etc…, ma anche nel male che, così come accade spesso in ogni società, vi alligna soprattutto a causa del figlio del capo, Vedat, che affiliato alla mafia locale non si preoccupa della salute dei suoi e consente lo smaltimento di rifiuti tossici dentro il campo.
Odiati, costretti alla marginalità e spesso perseguitati, i rom, ma Giulia affronta i fraintendimenti, le diffidenze, le antipatie che nascono nei confronti di una società che ha stili di vita e modelli culturali diversi, anche se la sua onesta difesa, diventerà causa di chiusura del campo, infatti la denuncia del marcio ne deformerà l’immagine complessiva e graverà sulle politiche riguardanti tutti gli abitanti del campo.
Uno sguardo diverso
Così sfiduciata e delusa, Giulia, visto che nessuno dei suoi obiettivi era stato raggiunto, si chiede: – Con quale coraggio potevo presentarmi alla cerimonia per l’ottenimento della cittadinanza di Predag? – Tuttavia è vero che pur nella sua delusione, Giulia con la narrazione della sua esperienza, consente al lettore di uscire dai comuni pregiudizi e farci guardare in modo diverso questo popolo che sotto la comune etichetta di “zingari,” di fatto comprende gruppi diversi, tutti con una loro dignità e una loro cultura.
Essere senza un propria terra in cui abitare, non è una colpa: il nomadismo diventa necessità. Sono tanti i libri che hanno per oggetto questa minoranza etnica, per esempio Sinti e Rom – Storia di una minoranza,” di Karola Fings, pubblicato dal Mulino, Zingari. Storia di una emergenza annunciata di Rita Calabrò, pubblicato da Liguori, ma l’opera di Giulia Veca si caratterizza per l’amore, l’altruismo, insomma il coinvolgimento emotivo-sentimentale da cui deriva il suo agire in mezzo a loro e per loro, anche a livello istituzionale.
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