“Fiore d’agave, fiore di scimmia” di Irene Chias è un romanzo ad alto tasso metaletterario. Protagonista una scrittrice di “astrusità fantascientifiche” che prova a scrivere un romanzo di passioni ardenti, ambientato in Sicilia: all’Isola incantata ed elegiaca di queste pagine fa da contraltare quella reale de piccoli centri spopolati e abbandonati, tagliati fuori da sviluppo economico e culturale. Non due semplici rette parallele…
C’è una casa editrice indipendente milanese che ha fiuto per le scrittrici siciliane di talento, fuori da certo circo mainstream. Laurana editore ha in catalogo il bellissimo La perdonanza della palermitana Daniela Gambino e adesso Fiore d’agave, fiore di scimmia (213 pagine, 18 euro) dell’ericina Irene Chias, che vive – e lavora – più a sud della Sicilia, a Malta. Sull’Isola e sulla sua doppia anima riflette Chias, fra la trasfigurazione mitico-bucolica a buon mercato che ne fa certa narrativa degli ultimi decenni e una visione più obiettiva e anche, in modo crudo, realistica.
Un’opera matura
A dieci anni dal suo ammirato esordio per Elliot (con Sono ateo e ti amo), dopo i fasti e i riconoscimenti di Esercizi di sevizia e seduzione pubblicato da Mondadori (premio Mondello opera italiana e Mondello giovani nel 2014), a quattro anni dalle conferme di Non cercare l’uomo capra, per Laurana Editore, Irene Chias si ripropone in grande stile con un’opera matura e compiuta. Un romanzo ad alto tasso metaletterario, in cui molto si riflette anche sulla scrittura, sul suo senso e sui suoi meccanismi, e sulle derive del mondo editoriale contemporaneo.
La scrittrice e l’agente
Indotta dal suo agente Max («Si sa che chi legge oggi sono le donne. Scrivi una cosa da femmine e siamo a posto») Adelaide Dattilo, scrittrice di distopie e neurofantapolitica postgender, si impegna a scrivere un romanzo al femminile ambientato in Sicilia, «una storia d’amore e di passioni ardenti», che dovrebbe riscattarla commercialmente e affrancarla dalla nicchia delle piccole tirature e dalle porte in faccia dei grandi editori. Il lettore segue Adelaide passo passo nell’organizzazione e nella scrittura del romanzo Fiore d’agave, nei capitoli confezionati sulla base dei suggerimenti del suo agente – esilaranti i loro dialoghi – che fino alla fine la incalzerà, suggerendole Porka romantika («Intercetta l’orientamento della lettrice di oggi: amore e sesso!») come titolo del romanzo, intimandole fino alla fine un cambio di rotta: «Vuoi continuare a vendere duecento copie di astrusità fantascientifiche?».
Di topos in topos
Adelaide Dattilo lascia temporaneamente Milano e si trasferisce nel paese siciliano d’origine, a Sant’Angelo Muxaro. Qui inizia a scrivere le peripezie di Adelasia che, parallelamente lascia Palermo – dopo aver rotto col fidanzato che l’ha tradita con quella che riteneva la sua migliore amica – per tornare nell’immaginaria Rocca Musciaro alla ricerca di una vecchia lettera di una nonna. Di topos in topos Irene Chias si diverte a dipingere due mondi, quello che la sua protagonista inventa e quello che vive. Alla Sicilia incantata ed elegiaca delle pagine che compone la sua Adelaide, fa da contraltare un’Isola su cui non si può chiudere gli occhi, quella raccontata dalla cronaca più che dalla fantasia: piccoli centri spopolati e abbandonati, tagliati fuori da sviluppo economico e culturale, terre colme di disoccupati, controversie assortite (si accenna anche al Muos). Due rette inizialmente parallele, che iniziano a inclinarsi e a trovare più avanti più di un punto di congiunzione. Lo sguardo è ironico e leggero, dunque tremendamente serio. Ci sono personaggi di grande finezza psicologica, non solo le due protagoniste, ma anche l’enigmatica Genova. E c’è anche una sorpresa finale, un racconto nel romanzo, di nemmeno venti pagine, scritto ancora da Adelaide Dattilo e decisamente più nelle sue corde fantastiche: ci sono di mezzo i Bonobo, «le scimmie più infide e ingannatrici».
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