“Il vangelo secondo Yong Sheng” di Dai Sijie è un libro sofferto, doloroso, dedicato dall’autore a uno zio che era pastore protestante. La vocazione religiosa del figlio di un carpentiere diventa un marchio criminale sotto la dittatura comunista e ancor più con la “Rivoluzione culturale” di Mao
I martiri per la fede in Cina, vittime del regime maoista, sono “oggetti” da rimuovere. Politicamente ingombranti per molti, ma non per tutti. Non per Dai Sijie, ad esempio. Lo scrittore dissidente, che ha commosso e incantato il mondo con Balzac e la piccola sarta cinese, ha consegnato ai suoi lettori un intenso romanzo di testimonianza e denuncia. Poetico e brutale. Pubblicato dalle edizioni San Paolo e tradotto da Carlo Travaglino e Natale Benazzi, Il vangelo secondo Yong Sheng (432 pagine, 20 euro) è un libro sofferto, doloroso, come la storia di quel grande Paese. O come la storia di milioni di donne e uomini “da rieducare”: tra loro, il pastore protestante Dai Meitai a cui il nipote Dai Sijie ha dedicato le pagine del suo lavoro.
Fischietti per colombe
Yong Sheng è figlio di un carpentiere che fabbrica fischietti per colombe addomesticate. Un’arte a noi sconosciuta: realizzati con la zucca e il bambù, i piccolissimi oggetti legati alle penne dei volatili liberano incantevoli sinfonie quando i loro “suonatori” volteggiano sui tetti dei villaggi. Musiche letteralmente celestiali, che spingono a guardare in alto. Verso le nuvole e oltre. Quando Yong viene inviato nella casa-scuola di un pastore americano, scopre così la sua vocazione religiosa che diventa, però, “marchio criminale” sotto la dittatura comunista. Tutto precipita, poi, quando Mao lancia la “Rivoluzione culturale”. Un tempo, lunghissimo, di umiliazioni e torture fino al rinnegamento di sé stessi.
Incipit
La gente andava a vedere il figlio del carpentiere. Come un lungo serpente grigio chiaro, un sentiero a zig zag si snodava sul pendio verdeggiante di una collina di Jiangkou, nel distretto di Putian. Visto dal cielo, somigliava a una spaccatura aperta in rilievo dalla roccia calcarea e dalla terra sabbiosa, su cui si rifletteva la luce bianca del crepuscolo. A ogni momento c’era il rischio di cadere – per questa strettoia angusta – negli sprofondi di un’altra epoca ma, alla fine, il rettile rialzava la testa e si trasformava in roccia, in alto alla collina avvolta nella nebbia, sotto il cui velo sorgeva la casa del carpentiere.
Rifugiato e ingombrante
Ormai da anni rifugiato a Parigi, Dai Sijie ha pubblicato lo scorso anno Il vangelo secondo Yong Sheng per il quale ha vinto nella sua patria di adozione il “Premio Spiritualità” e il “Grand prix Hervé-Deluen” dell’Académie français. In Italia è conosciuto per tre titoli, tutti editi da Adelphi: Muo e la vergine cinese, Una notte in cui la luna non è sorta e, soprattutto, Balzac e la piccola sarta cinese. Da questo capolavoro è stato tratto un film, prodotto in Francia per la regia dello stesso autore e mai distribuito al di qua delle Alpi. Politicamente ingombrante, appunto.
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