Dodici racconti concatenati in una staffetta: un personaggio di ogni storia da comparsa diventa protagonista in quella successivo. È la struttura di “Turbolenza” di David Szalay, una poetica, implacabile circolarità, attorno a cui si muovono figure alle prese con un destino spesso sconfortante, con un moto perpetuo. Che fanno sentire i lettori come loro, poco sotto le nuvole e con un disagio sul petto
Prima una manciata di storie per una serie radiofonica, diventata poi una cesellata raccolta di racconti, l’uno unito all’altro, col passaggio di un personaggio dall’uno all’altro, un passaggio di testimone su varie tratte aeree intorno al globo, con i voli che danno i titoli alle storie, concatenate in una staffetta. Ecco Turbolenza, il secondo libro di David Szalay pubblicato in Italia, ancora da Adelphi come il precedente superbo Tutto quello che è un uomo (finalista al Man Booker Prize, di cui abbiamo scritto qui), di nuovo tradotto da Anna Rusconi. Lo scrittore canadese d’origine ungherese ha scritto dodici storie con falsi finali: ogni storia finisce per essere, ogni volta, l’inizio della successiva, il protagonista di un racconto magari è la comparsa del precedente o del seguente. Più che il volo scandaglia l’animo umano, Szalay, non esclusivamente l’universo maschile, come aveva fatto nel libro che in Italia l’aveva rivelato, ma stavolta a trecentosessanta gradi.
Semplicità, eleganza, circolarità
Non colpisce la potenziale frammentarietà della struttura di questo volume, semmai la compattezza, la semplicità formale, l’eleganza delllo stile e una poetica circolarità, implacabile. Cambiano luoghi e prospettive, sguardi e punti di vista dei protagonisti, ma con mano ferma Szalay li conduce, assieme ai lettori, dove lui vuole. Dove? Non solo nelle dodici tratte che abbracciano quattro continenti, ma nelle pieghe del vuoto, laddove non si possono tenere i piedi per terra, con i pensieri fra le nuvole, tra aerei, alberghi, taxi, alle prese con la vita, delusioni, solitudini, malattie, amori infelici o forse impossibili. Tra svolte, decisioni, confusioni. A una velocità super, quella delle nostre vite odierne. La narrazione fa scalo in note metropoli del mondo e intercetta l’instabilità e la provvisorietà delle nostre vite, la turbolenza e l’inadeguatezza talvolta reali e spesso metaforiche. L’altitudine e la rarefazione c’entrano, ma non pienamente perché sono poche le storie davvero ambientate a bordo degli aerei. Più che storie in non luoghi, come qualcuno le ha definite sono storie senza luoghi, e senza personaggi, ma con persone.
Limiti e dubbi
In questi dodici mini romanzi sospesi, anelli di una catena, storie smozzicate senza clamorosi finali o cambi di rotta ma più significative di polpettoni celebrati, Szalay dimostra che la letteratura può porsi obiettivi smisurati tanto più attraverso vicende prosaiche, l’intervento per un cancro alla prostata (in un certo senso alfa e omega di Turbolenza, che a Londra inizia e finisce), l’incidente mortale di un giovane alla guida di uno scooter, un matrimonio sull’orlo del fallimento, un pilota alle prese con una passione di una notte, una giornalista che deve intervistare una scrittrice, che a sua volta deve andar via per accudire la figlia partoriente, un marito violento con una donna, tradita con un uomo. E così via. Tutti i personaggi fanno i conti con i propri limiti, con un destino spesso sconfortante, con dubbi esistenziali, con un moto perpetuo. E ci fanno sentire come loro, poco sotto le nuvole e con un disagio che ci grava sul petto.
Il racconto del futuro
Non mancano le analogie con Tutto quello che è un uomo, la struttura e la sensazione di sviscerare anatomicamente le vite. Però i dettagli e lo scavo profondo che inevitabilmente c’erano in quel grosso tomo adesso sono bypassati: è tutto più essenziale e minimalista, con qualche squarcio poetico, onde leggere su cui si stagliano e galleggiano intermittenze di vita, le figure fragili e insicure che fanno viaggiare chi legge in lungo e largo per il mondo contemporaneo e globalizzato: quando si inizia a leggere ogni singolo racconto si è travolti dallo spaesamento, ma pian piano si riannodano i fili. E si va avanti avidi di lettura, facendo i conti con paure, malinconie, piccoli segreti, apparenze, ossessioni, improvvise deviazioni di traiettoria che tutto mettono in discussione. È uno sguardo sul futuro oltre che sul presente: il mondo va in una certa direzione e sembriamo tutti destinati in un imbuto, quello descritto da Szalay.
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