Genio dimenticato e artista travagliato Gustave Caillebotte, protagonista de “L’uomo senza inverno”, romanzo di Luigi La Rosa, abile a insinuarsi nelle pieghe psicologiche del protagonista. Osteggiato dalla famiglia, mecenate degli impressionisti, celò sempre una parte di sé…
Il pittore impressionista Gustave Caillebotte non ha mai vissuto l’inverno se, come sostiene Mallarmè, questa è la «… stagione serena dell’arte, …». Quasi ad aiutare il lettore a comprendere il perché del titolo del romanzo di Luigi La Rosa, L’uomo senza inverno (448 pagine, 18,50 euro), pubblicato da Piemme, il sintagma del rinomato poeta decadente è posto come epigrafe e insieme alla frase che campeggia nella pagina precedente («Certi uomini non conoscono inverno. Questa è la storia di uno di essi») lo pongono in media re, cioè chi si accinge a leggere sa a priori che trattasi di un artista travagliato, che non ha goduto di quella serenità operativa che, secondo Mallarmè, l’inverno riesce a dare.
La vocazione all’arte
Gustave Caillebotte, nato nella seconda metà dell’Ottocento e cresciuto in una famiglia dell’alta borghesia, che ha parametri mentali tipici della propria classe sociale, non accetta per niente che un loro figlio possa nutrire interesse per l’arte, la quale al massimo, può diventare un hobby, ma non essere l’attività costante della propria vita. Il giovane, invece, pur essendo diventato avvocato, pur occupandosi della costruzione di velieri, è votato alla pittura, passione profonda che, nata in lui dopo aver visto il quadro di E. Manet, Le dèjeuner sur l’herbe, di cui i suoi genitori e i loro amici, fra l’altro, parlavano male, diventerà la ragione della sua vita, lo strumento attraverso il quale riesce ad esplicare anche le zone più profonde del suo essere, del suo subconscio, quali la sua omosessualità che esprime soprattutto attraverso l’interesse pittorico per i nudi maschili che non diventeranno mai oggetto di pubblica mostra e resteranno sempre, soltanto celate esplicazioni del suo sentire.
L’omosessualità taciuta
Mecenate munifico, Caillebotte aiuta tantissimo economicamente i suoi amici pittori, senza tuttavia raggiungere mai la popolarità che la sorte attribuì ad altri impressionisti, quali Monet e Renoir. «Per redimere l’artista, per liberarlo dal bozzolo, era forse necessario che le due metà s’incontrassero, che le due anime dialogassero, e che tutto il materiale rimasto per anni in un cassetto venisse finalmente allo scoperto». Ma questo dialogo il contesto storico culturale dei tempi non lo consentiva e Gustave visse sempre in una scissione interiore tormentata, celando una parte di sé. L’omosessualità repressa e taciuta è così il dramma interiore del nostro pittore che nel suo travaglio interiore e fisico, non riuscirà mai ad essere un “uomo senza inverno.” La letteratura è piena di personaggi omofili, a partire dalla mitologia e non è un caso se anche Platone nel Simposio, lo considera uno dei vari tipi d’amore, ma limitandoci esclusivamente al Novecento, non possiamo non citare La morte a Venezia di Mann, Ragazzi di vita di Pasolini e tra i romanzi più recenti: Camere separate di Tondelli, Chiamami con il tuo nome di Aciman o Scuola di nudo di Siti o, infine, la raccolta di racconti di Leavitt, Ballo di famiglia, che affronta da diversi punti di vista il tema dell’omosessualità.
Lessico esplicito e sottinteso
Il pregio del romanzo consiste nell’assenza di espliciti riferimenti alla condizione sessuale del protagonista che il lettore intuisce fra le righe, ma non e mai esplicitamente proposta, grazie soprattutto all’abilità stilistica di Luigi La Rosa che con un lessico esplicito e sottinteso nello stesso tempo, riesce progressivamente a far entrare il lettore nella condizione psicofisica del protagonista.
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