“L.O.V.E.” di Giancarlo Liviano D’Arcangelo è un mastodontico romanzo politico che dovrebbe far spalancare gli occhi a molti. Fa i conti con la spregiudicatezza del capitalismo e con una società in cui tutto è inquinato e tutto si spreca, in cui nulla vale e non c’è spazio per la solidarietà. Protagonista il figlio di un industriale che eredita inopinatamente il controllo di una multinazionale: personalità complessa e ambivalente che disprezza le donne e lo scempio creato dal denaro in ogni angolo del pianeta, ma che non riesce a farne a meno…
Non è semplice fare i conti con l’abiezione e la disperazione di un universo in forma di romanzo. In un tempo e in un mondo in cui ci si sdlinquisce davvero per poco, non è finito sotto molti riflettori un libro che in certi casi si scrive come summa di una vita e che invece è stato portato a termine da un autore poco più che quarantenne. Il volumone è una bella sfida alle nostre vite fast food, in cui tutto è così veloce da non essere assaporato, da non essere compreso appieno: richiede tempo per la lettura e per la metabolizzazione, non si lascia abbandonare facilmente e risiede a lungo nei pensieri. Giancarlo Liviano D’Arcangelo, pur godendo di stima diffusa in certo ambiente letterario, meriterebbe di superare certi steccati che al momento sembrano essergli preclusi. Il tempo, in casi come questo, farà il suo corso, restituendo a questo romanzo un posto importante nella letteratura di questi anni. Stampa, critica e osservatori vari che si spellano le mani per molto meno, hanno applaudito sì, ma senza restare abbagliati. Eppure il suo L.O.V.E. Libertà. Odio. Vendetta. Eternità (845 pagine, 27 euro), edito da Il Saggiatore, è un congegno che sprigiona luce vera, un bel segnale, un messaggio di speranza per la letteratura di casa nostra, un’opera coraggiosa, ambiziosa, che mantiene le promesse. D’Arcangelo – vincitore del Viareggio opera prima col suo precedente romanzo, a cui sono seguiti libri più ibridi o di taglio giornalistico – non guarda troppo all’Italia, specie all’Italia di oggi, e dialoga idealmente con i grandi scrittori contemporanei americani e con una nobile tradizione europea che in qualche modo affonda le radici in Thomas Mann.
Due morti e un bivio
Scrollatevi di dosso qualsiasi diffidenza per la mole consistente di pagine da affrontare. E non pensate nemmeno per un secondo che il capitalismo – perché è il capitalismo come nuova e distorta religione il soggetto di questo romanzo-monstre – sia qualcosa di noioso, stantio o antico: è, da sempre, una super materia narrativa, un profluvio e pozzo di storie, con mille rigagnoli che l’autore tiene assieme con autorevolezza. Magnetismo e ripugnanza convivono nella sintesi del capitalismo che è Giordano Giordano, protagonista di L.O.V.E., ovvero un timido, vergine, obeso e improvvisato capitano d’impresa, per la quasi contemporanea morte del fratello Isacco, designato a raccogliere l’eredità dell’azienda di famiglia, e del padre Italo, il fondatore. Prima dell’infausto doppio lutto era nullo il suo peso specifico in seno alla Sunrise Inc., un colosso finanziario nato dalla vendita di paccottiglia di plastica. Ritrovatosi a capo non solo della famiglia (ci sono anche la madre Lorena e la sorella Jessica) ma di tutto, nel bel mezzo di un mercato veloce, globale e irrazionale, Giordano deve decidere se continuare ad arricchirsi a dispetto di tutto e a concupire donne consifderandole prede o poco più – cioé se seguire orme e solco paterni – o dare una svolta progressista, quasi fosse un novello Olivetti.
Soldi e violenza comandano
La violenza e il denaro – forse due sinonimi – spadroneggiano fra le righe del monumentale romanzo di D’Arcangelo (qui il video con i suoi consigli di lettura sul nostro canale YouTube). L’opulenza e la rovina di gente nata dal nulla, dal piccolo immaginario borgo pugliese di Villalibera, sono frutto di un turbine di eventi, un affastellarsi di azioni, un eccesso di tutto, di spregiudicatezza e anche di sesso, dà la misura del mondo rappresentato, un mondo iperrealista, con cui tutti fanno i conti, nel tinello di casa proprio e dall’altra parte del mondo. I soldi trascendono dal loro originario impiego di mezzo attraverso cui comprare e vendere, ma sono ciò che fa muovere tutto, non un oggetto inanimato ma un soggetto preponderante: comandano loro. Ricchezza e benessere, però, non sono indolori, e nascono anche da frequentazioni losche e affari tutt’altro che puliti. Questo romanzo lo dimostra con un’ampiezza di sguardo che porta la scena da un capo all’altro del pianeta, specie dove, in assenza di scrupoli e di qualsiasi principio, si consumano scempi sulle spalle di ignari lavoratori (i «soggiogati» dell’intervista a Pasolini in esergo), degli animali e dell’ambiente. L.O.V.E. è un romanzo politico nel senso più nobile del tempo, una lunga denuncia che dovrebbe far spalancare gli occhi a molti, incarna l’abisso odierno del mondo, in cui tutto è inquinato e tutto si spreca, in cui nulla vale e non c’è spazio per la solidarietà: chi avrà la fortuna di leggerlo ne uscirà esterrefatto e destabilizzato, chiamato in causa sicuramente, potenzialmente più avveduto e accorto, forse migliore. D’Arcangelo tiene botta a tutto questo materiale narrativo con una scrittura densa, colta, lucida, molto spesso anche ironica, fluida come l’azione del romanzo che non dà tregua: la storia familiare e psicologica è affiancata da una costante allegoria del ventesimo secolo e da un’analisi delle odierne dinamiche di mercato e geopolitiche, senza farsene mai sopraffare, in un delicato e riuscito equilibrio.
Incomunicabilità e capolinea
Masochista e cinico, timido e vendicativo, disgustoso, Giordano Giordano (voce narrante) è una figura tutt’altro che semplice. Gran parte del libro si gioca sui suoi pensieri, opere e omissioni. Figura tragica e potente che D’Arcangelo maneggia con padronanza. Quando il padre e il fratello sono in auge e galoppano verso l’arricchimento compulsivo a ogni latitudine (fatale per il fratello una trasferta in Iraq, lì salta su una mina), Giordano va controcorrente, segnando una discontinuità che sembra evidente, pur non riuscendo a emanciparsi dal nucleo familiare. Ereditata una fortuna immensa, però, vacilla. Prova a mettere in campo nuove strategie, un’imprenditoria dal volto umano che si rifà ad Adriano Olivetti, ma farà in fretta a passare da un eccesso all’altro, tiranno senza freni, sempre in giro per il mondo (Cina, Argentina, Brasile) per affari, che finirà per autodistruggersi: un fallimento che è il capolinea prefigurato per capitalismo e neoliberismo. Per Giordano nessuna spalla a cui appoggiarsi, nessun amore vero (ama segretamente la bellissima Erica, sposata con il fratello), nessuna amicizia, un’incomunicabilità di fondo con il resto del mondo. Ambivalente e controverso il suo rapporto con le donne, a cui vorrebbe sottomettersi, ma che disprezza: tra prostitute e un amore vagheggiato, tra alienazione e dominio, desiderio e sesso sadomasochistico restituiscono nient’altro che le dinamiche di un mondo tutt’altro che innocente, tenuto in pugno dal denaro e modellato su piramidi gerarchiche.
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