Finalmente riproposto “La legge degli spazi bianchi”, raccolta di cinque novelle senza tempo di Giorgio Pressburger. Racconti contro la banalità delle troppe parole che ci assediano. Libro cult in cui i protagonisti sono alle prese con malattie del corpo, ma soprattutto col mal di vivere dei loro pazienti o di se stessi
Festeggia due secoli di vita la casa editrice Marietti 1820, un pezzo di cultura italiana. E fa festa anche riproponendo la nuova edizione uno dei migliori titoli del catalogo, il libro che rivelò pienamente lo scrittore italo-magiaro Giorgio Pressburger (una delle scoperte degli anni Ottanta, insieme ad altri nomi, come quelli di Roberto Pazzi e Carmine Abate), in finale al Campiello del 1989, e i cui due precedenti volumi erano stati scritti a quattro mani col gemello Nicola, morto nel 1985. La legge degli spazi bianchi (192 pagine, 16,50 euro) torna in libreria ed è un’ottima notizia, visto che il volume aveva anche subito l’onta di finire fuori catalogo.
Atmosfere mitteleuropee e suggestioni metafisiche
La legge degli spazi bianchi di Pressburger è una raccolta di cinque allusivi ed enigmatici racconti ungheresi, il cui titolo si riferisce a un’antica tradizione, la Torah è stata scritta nelle zone immacolate fra una lettera e l’altra: «tutto il resto non conta», spiega a un’infermiera lo stesso dottor Fleischmann, protagonista della storia che dà il titolo al libro, alle prese con una progressiva perdita di memoria e con la morte del fratello (evidentemente un richiamo autobiografico). La scrittura, insomma, come ricerca del non detto, contro la banalità delle troppe parole che ci assediano, alla ricerca di vocaboli autentici. Tra atmosfere mitteleuropee, suggestioni metafisiche e religiose, e grande controllo stilistico da parte dell’autore, i protagonisti di queste novelle senza tempo sono medici alle prese con malattie del corpo, ma soprattutto col mal di vivere dei loro pazienti o di se stessi, come nel caso del medico alcolista di Orologio biologico.
Né la scienza né la religione
Prevalgono il senso di perdita e di smarrimento, le angosce, la presa di coscienza da parte dei medici d”essere disarmati, quando non impotenti, di fronte a casi clinici che sembrano non avere soluzione. I protagonisti si mettono in discussione e fanno in qualche modo i conti con la morte, e spesso sia la scienza sia la religione non sembrano dare risposte o conforto completi. Prevalgono in queste pagine ciò che è misterioso e inatteso, il registro visionario e quello grottesco, a dimostrazione della versatilità della scrittura di Pressburger, che aveva esordito con altri toni nei suoi primi libri, scritti col fratello: in questi cinque racconti spira ancor di più un vento kafkiano, quanto nelle prime prove, invece, si era immersi nelle atmosfere dell’Europa orientale ebraica, tra rabbini e personaggi indimenticabili. Libro cult di un autore che non va abbandonato nelle mani dell’oblio, La legge degli spazi bianchi ha anche ispirato un omonimo film, diretto da Mauro Caputo e presentato lo scorso settembre alla Mostra del cinema di Venezia. Da non perdere di vista, anche la pellicola.
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