Storie di genialità o follia? Nessuna risposta definitiva in “Lor signori” di Goncalo M. Tavares, dove i protagonisti, all’interno di un utopico quartiere letterario, sono illustri personaggi del pensiero e della letteratura. Un altro contributo da Lusoteca
Geniale e sagace la penna di Gonçalo M. Tavares in questa raccolta brillante di scritti che fa di Lor signori (261 pagine, 16,50 euro) un compagno perfetto per una passeggiata fuori dal tracciato. Il libro, pubblicato da Nottetempo e tradotto da Marika Marianello, riunisce 4 brevi ma intramontabili testi di Tavares che fanno parte di un progetto letterario dal nome “Bairro”, a voler rendere l’idea di una serialità dei testi pubblicati, una tecnica che l’autore ha utilizzato anche per altri scritti (come per la serie “Enciclopedia”, tradotta per Edizioni dell’Urogallo). Il progetto consiste nella creazione di un “bairro literário”, un quartiere letterario, abitato da personaggi illustri della storia letteraria e del pensiero (39 nel progetto originario), che una mappa iniziale, a cura dell’illustratrice portoghese Rachel Caiano, colloca in coordinate spaziali ravvicinate e che si propone di creare “una storia della letteratura in forma di narrativa”, per usare le parole dell’autore. Tra le vie di questo “quartiere utopico ” si incrociano Calvino, Beckett, Borges, Wittgenstein, Foucault solo per citare alcuni degli illustri abitanti che animano il quartiere. Ogni breve capitolo è accompagnato da una spiritosa illustrazione, sempre a cura della Caiano.
Il signor Calvino e la passeggiata
Nel primo testo, dal titolo Il signor Calvino e la passeggiata, grazie allo stratagemma dell’interstualitá seguiamo il signor Calvino nelle sue passeggiate e non possiamo ignorare il riferimento storico, e anche letterario, all’artista di cui questo personaggio prende in prestito il nome. Calvino cammina per i sentieri di una nuova vita letteraria e la quotidianità in cui è immerso ci fa riflettere sulla realtà che ci circonda, provocando un effetto di straniamento, quasi mettesse davanti ad uno specchio le persone che “camminano da una parte all’altra” e non si accorgono di quello che sta succedendo davanti ai loro occhi, che da sciocchi credono che il mondo sia una cosa “disponibile in qualsiasi momento”.
Il signor Kraus e la politica
Nel secondo testo, Il signor Kraus e la politica, un giornalista di nome Kraus è alle prese con la stesura di alcune cronache sarcastiche per un giornale, come il suo famoso omonimo austriaco. Le vicende si alternano su due piani distinti: quello del giornalista Kraus, che nelle prime righe esce dalla redazione del giornale per cui lavora e si dirige di buon umore verso un caffè; quello delle cronache vere e proprie dove prendono vita i personaggi creati dalla mente brillante del signor Kraus. Tali cronache riportano gli insulsi discorsi del Capo, un politico meschino e approfittatore, e quelli dei suoi “illustri” assistenti, delle persone miopi ed esageratamente compiacenti impegnate nell’acritica elargizione di lodi alle assurde proposte politiche del Capo.
Le vergognose bassezze che il Capo afferma con orgoglio e superbia fingono di operare a favore della collettività quando invece la vera preoccupazione di un politico corrotto è solamente l’opinione pubblica: non importa fare davvero del bene per la comunità, l’importante è dare “soltanto l’esempio” e convincere gli elettori.
Dalle riflessioni del signor Kraus:
“Indossare le pantofole o le scarpe da ginnastica. Ecco le due alternative. I politici più astuti sono quelli che persino quando calzano le pantofole sembrano essere impegnati, in fin dei conti, in un’intensa preparazione atletica”.
“Quando il politico ci parla del cielo, e con il dito indica verso l’alto, è proprio lì, sapete?, in quel momento, che dobbiamo osservare attentamente gli oggetti che tiene in cantina”.
L’assurdità dei ragionamenti che concludono le brevissime cronache di Kraus sono ulteriormente accentuate dall’esaltazione dimostrata dagli assistenti. L’epilogo amaro fa riflettere sulla pratica politica e mostra ciò che la politica non dovrebbe essere.
Il signor Walser e la foresta
La raccolta prosegue con Il signor Walser e la foresta in cui un testardo omonimo dello scrittore svizzero Robert Walser porta a termine vittoriosamente il progetto che vede la costruzione di una casa all’interno di una foresta (nella mappa iniziale del “Bairro” il signor Walser è significativamente isolato rispetto al resto degli abitanti). Per Walser non si tratta semplicemente di costruire una casa ma di conquistare uno spazio umano nella bestialità della foresta, una “conquista di razionalità assoluta”. L’impresa, apparentemente perfetta, mostra progressivamente le sue falle: difetti di costruzione si susseguono senza sosta e Walser si trova ad assistere incredulo alla serie di imprevisti che in breve rendono la casa inagibile: prima il rubinetto del bagno, poi le tavole di legno del pavimento, le finestre, lo scarico, l’impianto elettrico e così via. La pazienza di Walser, per il quale la presenza umana all’interno della casa era auspicata come occasione di discussione e di condivisione di “grandi o piccole idee”, è messa a dura prova: l’altro rende ostile l’ambiente invece di contribuire al suo miglioramento e il sogno iniziale di pace e tranquillità viene inesorabilmente distrutto.
Il signor Valéry e la logica
L’ultimo testo della raccolta vede in scena il poeta francese Paul Valéry, che Tavares riesuma nel personaggio del signor Valéry, un uomo pieno di paure irrazionali e di fobie che si rifugia nella logica per cercare di preservare la propria instabile realtà. La logicità dei suoi ragionamenti trova espressione nelle illustrazioni con cui Valéry tenta di comprendere il mondo e che alla fine rivelano il folle tentativo di applicare la più serrata razionalità alle azioni della vita quotidiana, come prendere un caffè, indossare un paio di scarpe o fare una camminata.
Storie di genialità o follia? Assurdità o verità? Realtà o utopie? Nelle strade intricate del “Bairro” di Tavares non ci sono risposte definitive.
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