Il romanzo vincitore del premio Strega 2020, “Il colibrì” di Sandro Veronesi racconta come da tutto si è annientati e da tutto si rinasce. Un messaggio difficile da ignorare, la vita del protagonista, Marco Carrera, col suo volo immobile fra stupore e sciagure. E uno sguardo rivolto al futuro, con prepotente ottimismo
Un romanzo-romanzo, per chi vuole attraversare la vita, un libro totale che ci ricorda tutte le ragioni per essere felici e per essere infelici: da tutto si è annientati, da tutto si rinasce. Non è un volume perfetto Il colibrì (368 pagine, 20 euro) di Sandro Veronesi, che ha vinto il premio Strega 2020, il secondo in bacheca per l’autore nato a Prato. Poco male, per chi nemmeno crede alla perfezione. Ma è un libro giusto che potrebbe essere tale in più di un momento giusto, nel corso della vita di chiunque. L’intrecciarsi caotico di sventure che si abbattono sul protagonista, Marco Carrera col suo volo immobile fra stupore e sciagure, grazie al quale crolla e rinasce ogni volta, è un messaggio difficile da ignorare, che può arrivare dappertutto.
Un’esistenza
Il romanzo di Veronesi, con capitoli che non tengono conto della cronologia degli eventi e dialoghi limpidi che sono la specialità della casa, e liste, poesie ed email (perfino la cover di un racconto di Fenoglio), raccontando storie e personaggi, prima ancora che psicologie o eventi storici, è impavido nel rischio di voler abbracciare tanti temi e molti punti di vista. Narra un’esistenza come tante, e per questo carica di gioie e malattie, sensi di colpa e rivalse, aneddoti spiccioli e pensieri eccelsi, di un amore (con Luisa) felice ma impossibile, cioé possibile e infelice, un amore idealizzato che sta tutto in un pugno di lettere o quasi. E in mezzo a tutto questo racconta il coraggio di resistere alla vita, di restare ancorati a qualcosa, anche senza particolari perché. Sprigionando empatia, perché il lettore si ritrova a gioire e a soffrire per Carrera nelle sue vesti di figlio, fratello, padre, nonno marito, amante, giocatore d’azzardo, malato terminale.
La vita, nonostante tutto
La vita, nonostante tutto, sembra volerci dire Il Colibrì di Sandro Veronesi. La vita, nonostante tutto, e generosamente, e anche dinanzi alla morte. Le piccole ali dell’oculista Marco Carrera (detto il colibrì dalla madre per una crescita troppo lenta, figlia di un deficit ormonale), hanno resistito fino al passo d’addio, a una teatrale chiusura dell’esistenza che (forse unica vera forzatura di tutto il romanzo e passaggio a vuoto) riunisce tutti quelli che hanno in qualche modo resistito ai ripetuti colpi, alle incessanti tempeste con cui il protagonista ha avuto a che fare: la rapida morte del padre e della madre, quella della figlia, il suicidio della sorella, un matrimonio (con Marina) a pezzi.
Quella bambina che ha tanto da insegnarci
Non si crogiola di passato, il romanzo di Veronesi, che si svolge con notevole dinamismo dagli anni Sessanta al 2030, tra Roma e Firenze. Immagina il mondo che verrà in modo prepotentemente ottimista, immagina l’Uomo del Futuro, che in realtà è una bimba, Miraijin (nome da manga giapponese), figlia di Adele, nipote di Marco. Sarà lei a incarnare la solidarietà, il cambiamento, la consapevolezza ecologica, il melting pot, il coraggio e la speranza. Una gran consolazione per il nonno colibrì, per un novello Giobbe, sopravvissuto in gioventù a un disastro aereo, ma in realtà a molto di più. Forse è vero quello che diceva Teresa Ciabatti (in questa intervista): «In America se lo sognano un romanzo così!». Leggete il romanzo di Sandro Veronesi. Quando lo finirete, direte la stessa cosa a chi volete più bene.
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