Insegnante e costruttore di moderne macchine da tortura, Robinson si candida alle elezioni di una cittadina americana dopo la morte cruenta del sindaco. Una parodia colma di incubi dietro la tranquillità apparente della vita di provincia. È la favola nera di Donald Antrim, “Votate Robinson per un mondo migliore”
Di intento chiaramente parodistico, Votate Robinson per un mondo migliore (170 pagine, 9 euro) del 1993, edito da Minimum Fax nel 2002 con la traduzione di Matteo Colombo e la prefazione di Giuseppe Genna, secondo la definizione in quarta di copertina di Thomas Pynchon (uno dei numi tutelari di Donald Antrim) è una «spumeggiante allucinazione».
Trasfigurate le villette con staccionata…
Un piccolo romanzo o fiaba noir che la si voglia definire, tanto americana quanto spericolata che ci parla con naturale disinvoltura di un mondo prossimo a venire o che forse abbiamo già sotto i nostri occhi, un mondo fatto di torture medievali inflitte a sindaci che hanno il lanciamissili in giardino, di interi nuclei familiari in assetto da guerra, di strani psichismi che colpiscono i due personaggi principali, Robinson e soprattutto la moglie Meredith la quale assume le forme e la vita stessa di un pesce sotto la guida di un guru che li invita a ricercare dentro sé stessi il proprio animale primordiale, e altre amenità di questo genere. Lo fa appunto con la parodia, trasfigurando nella sua esplosiva mente creativa, allucinata e distorta, la tranquilla (apparentemente) vita nei sobborghi di una qualsiasi città americana, fra villette con l’erba del giardino tagliata alla perfezione e le staccionate illibate che delimitano quei giardini dove si fanno i barbecue la domenica e i bambini giocano sereni. Antrim in quei posti invece vede tutt’altre cose in questa sua seconda opera pubblicata nel nostro paese dopo I Cento fratelli del 2011, sempre per Minimum Fax.
Fra Lynch e Lethem
Trovarsi dai Robinson sembra in realtà essere un po’ nel giardino all’inizio e alla fine di Velluto blu di David Lynch, un altro che di incubi se ne intende, e dove all’apparente tranquillità della superficie andando a vedere sotto l’erba e i cespugli si nasconde un regno di sgorbi e esseri abietti e distruttivi che lì vi pullulano. Votate Robinson per un mondo migliore ricorda per altri versi e non solo per le suggestioni del titolo, un altro romanzo uscito per merito della casa editrice romana, di un autore coevo e per alcuni versi dello stesso filone del grottesco, surreale e postmoderno come Antrim: L’inferno comincia nel giardino di Jonathan Lethem.
Un finale inevitabilmente truculento
È parodia il grande compito che Robinson si è dato, quello di istituire una scuola domestica dopo l’uccisione cruenta del sindaco, e di candidarsi lui stesso alle successive elezioni, facendo leva proprio sul suo ruolo di insegnante, di retore (come se i politici potessero essere qualcosa di diverso), sennonché i principi fondativi della sua scuola sono quelli di mostrare la storia dell’umanità tramite le crudeltà perpetrate in tutte le epoche, «Perché tutti noi siamo, nessuno escluso, eredi di un retaggio di sangue e sofferenza» e che l’attività preferita di Robinson stesso sia quella di costruire delle sofisticate macchine da tortura. Esemplificativa la citazione del famoso passo di Voltaire sul migliore dei mondi possibili, la democrazia, per quanto mascherata da simili atrocità, del resto Robinson si candida a delle regolari e democratiche elezioni. Con tutte queste premesse, lunghe premesse perché sembra quasi che tutto il romanzo sia una lunga premessa a quello che alla fine il protagonista riesce in qualche modo a portare a termine, la scuola, il finale non può che essere truculento e quel mondo distorto e capovolto inquietarci un po’, forse perché ci sembra in qualche modo di intravederlo sotto quello patinato e tranquillo delle nostre convenzioni.
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