Il giornalista Giulietto Chiesa e un consiglio durante una cena a Bruxelles: “Il buon Stalin” di Erofeev a cui doveva sentirsi vicino per la visione dell’Urss e per l’ironia
Avevo conosciuto Giulietto Chiesa nel corso di una cena a Bruxelles a cui ero stato invitato da un parente più di dieci anni fa. Abbiamo parlato nel corso della cena dell’Unione europea, della Sicilia ma anche di un diverso modo di intendere l’economia allora all’alba della crisi finanziaria. E tra una portata e un’altra mi ha consigliato questo libro: Il buon Stalin (300 pagine, 19 euro) di Viktor Erofeev, edito da Einaudi. «Vedi», disse Giulietto Chiesa, «anche Stalin poteva essere buono se raccontato in un certo modo».
Il mondo alla rovescia
Ovvio che, tornato in Italia, comprai subito quel libro consigliatomi da Giulietto Chiesa durante quella cena scritto “dall’uomo più libero nel paese più ridicolo del mondo”. Chiesa, per le posizioni assunte nei confronti dell’Urss durante la sua vita da inviato, doveva sentirsi vicino all’ironia con cui Erofeev descrive il “mondo alla rovescia” che è la Russa “suo paradiso infantile”.
Il parricidio e il tennis
È la storia di un rapporto padre e figlio all’ombra di Stalin. Un parricidio che si conclude con una partita di tennis. Vladimir, il padre dell’autore era stato l’interprete dal francese del “padre dei popoli”. Il figlio cresce a Parigi sotto i privilegi concessi ai funzionari dell’Unione Sovietica. «Amavi Stalin?», la domanda del figlio al padre. Con sempre la stessa risposta lungo tutto il libro. Un “si” dapprima convinto che va perdendo forza ma senza mai diventare un “no”. Un quadretto finito quando il 30enne Viktor pubblica una antologia Metropol considerata non degna dell’Unione Sovietica. Il padre, alle soglie di un incarico ministeriale, viene richiamato in patria e lo Stato chiede di fare pressioni sul figlio per ritrattare quanto contenuto in quella pubblicazione. Non lo fece mai. «Se la mia mamma afflitta dalla mia indifferenza infantile verso la parola scritta, inculcandomi l’amore per la letteratura», scrive l’autore, «avesse saputo che avrei rispecchiato questo tema nella realtà, danneggiando tutta la famiglia, avrebbe bruciato tutti i libri della nostra biblioteca».
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