Evviva Fellini! E monsieur Pennac torna a stupire…

Un bimbo, un disegno di Fellini, un sogno coloratissimo. Un ricordo degli anni Cinquanta e un incontro cinquant’anni dopo, nel segno del grande cineasta. Ne “La legge del sognatore” Daniel Pennac dà vita a un’epopea onirica, fra metafore e onomatopee, con un gioco di sogni, uno nell’altro come matrioske russe

Massiccio del Vercors. 1954. Un sognatore sogna. Vive con i genitori, ha dieci anni, forse è nato il primo gennaio, a scuola ha sentito che la luce è fatta di acqua. Di notte conversa con il compagno di classe Louis, il suo migliore amico, forse nato il giorno prima (a un millesimo di distanza), spesso ospitato a casa loro. La mamma Moune ha appeso sopra i due lettini un disegno coloratissimo di Federico Fellini, lei è costumista e aveva lavorato per molti film del regista italiano, anche allo Studio 5 di Cinecittà, lo adora. Quella notte il sognatore sogna un’inondazione di luce e di acqua, tutto sembra vero, la città viene sommersa.

Il piccolo sognatore e due escursioni

Quando si sveglia deve sbrigarsi perché hanno in programma un’escursione alla diga per apprendere come immergersi con le bombole e in auto racconta il sogno. Louis commenta che da grande l’amico non potrà che fare lo scrittore (effettivamente comincerà e continuerà sempre nel capanno lì costruito dal padre), mentre per sé stesso prevede il posto di personaggio (effettivamente diventerà Kamo decenni dopo). Non credono molto ai particolari che il piccolo sognatore descrive per rispondere alle domande che gli fanno, così lui decide di trascrivere da quel momento in avanti tutti i sogni che farà; non a caso la maggior parte delle sue trovate narrative sono ricordi che imparerà a trasformare in storie, restando sempre fedele alla casa del Vercors, divenuta il punto di ritrovo fisso della tribù e la cornice di alcuni suoi romanzi. Cinquant’anni dopo quel primo sogno, Louis torna a trovarlo, hanno avuto figli e nipoti, decidono di tornare alla diga dell’infanzia e di noleggiare l’attrezzatura per liberarsi della gravità dell’aria e compiere una gita subacquea come un tempo. Sotto scopre una città sommersa. Sogno o son desto? Fa tutto parte di un sogno? Oppure è proprio la vita che è tutto un teatro?

Epopea onirica fra metafore e onomatopee

Evviva Daniel Pennac (Casablanca, 1944)! Ne La legge del sognatore (153 pagine, 14 euro), tradotto da Yasmina Melaouah per Feltrinelli. Riesce di nuovo a stupirci, affascinarci e rapirci in un’epopea onirica, fra metafore e onomatopee, con un gioco di sogni, uno nell’altro come matrioske russe, un nuovo genere letterario più misterioso e immaginifico del noir, più sincero e reale dell’autobiografia. La narrazione è in prima persona e procede attraverso 8 parti e 74 scene separate, cronologiche e di varia lunghezza, nelle quali sia gli eventi da sognatore che quelli da sveglio si integrano di finzioni e realtà, un’unica fiaba magica con il filo rosso del sostanziale omaggio a Fellini, il preferito “regista” della meraviglia e dello sbalordimento, che trascriveva e disegnava i propri sogni e ne parlava con chi di dovere. Come noto, dopo l’adolescenza a Nizza e l’incontro col cinema felliniano, negli anni settanta in un ex convento del Nord da giovane insegnante nella scuola media di sgangherati alunni spediti lì dall’istituzione scolastica a formare le cosiddette “classi differenziate”, Pennac aveva fatto largo uso del far scrivere ogni mattina i sogni della notte precedente su taccuini privati, da raccontare e dettare alla lavagna, ma da non usare nei temi. L’azzeccata copertina e la complice traduzione aiutano a sottolineare l’immaginazione letteraria. Televisione e calvados in albergo a correggere i compiti. Segnalo la fine delle grandi epidemie a pagina 60 (il virus arriverà in Italia col nuovo anno ma nessuno lo aveva riconosciuto).

Le celebrazioni del centenario

L’anno scorso, nel 2019 Pennac ha avuto l’occasione per definire un progetto teatrale sulla resurrezione del suo mito grande sognatore cinematografico. Nel 2020 ricorre, infatti, il centenario dalla nascita (a Rimini) di Federico Fellini (con celebrazioni e mostre in tutt’Italia): 8 Oscar (14 nomination), 1 Golden Globe, 3 Bafta Awards, 19 David di Donatello, 53 Nastri d’argento, 3 festival di Venezia, 4 di Cannes, 2 di Mosca, quasi una ventina di film e altri episodi di film, film tv, co-regie. Al Piccolo Teatro di Milano il 20 gennaio vi è stata l’anteprima dello spettacolo dedicatogli da Pennac, una meraviglia! Il romanzo è uscito pochi giorni prima, ne integra l’eventuale visione, possiede una drammaturgia diversa, pur altrettanto mirabolante. La rappresentazione è stato prodotta dagli amici dalle Compagnie MIA – Il Funaro di Pistoia, adattata dallo stesso autore con regia di Clara Bauer. Speriamo circoli molto quando si potrà uscire insieme di casa (e l’emergenza della pandemia Covid-19 sarà un poco rientrata).

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