Golding, gli uomini producono il male come le api il miele

“Il signore delle mosche” del Nobel William Golding è una favola allegorica che non lascia scampo e va in direzione opposta alle idee di Rousseau: la civiltà de-umanizza l’uomo, lo rende malvagio e infelice. Succede anche ai ragazzini che naufragano su un atollo corallino…

Se avessimo la possibilità di ricominciare l’esistenza da zero, ricostituirci come esseri sul pianeta e reinventare un sistema di convivenza, riusciremmo ad essere migliori di adesso? Cosa cambieremmo? Il filosofo francese Rousseau, nella sua teoria formulata del mito del buon selvaggio afferma che l’uomo è buono per natura, solo il progredire della società e l’allontanamento dalla natura lo induce alla corruzione. La civiltà, così come la intendiamo oggi, de-umanizza l’essere umano, lo rende schiavo, malvagio e infelice. Solo il suo ritorno allo stato di Natura – continua Rosseau – e lontano da contaminazioni sociali lo renderebbero migliore. Secondo William Golding invece questo non è possibile perché l’uomo, fin dalla sua giovane età, dimostra al contrario la propensione alla malvagità e al dominio del potere, nonostante il suo contatto con la natura.

Piccoli naufraghi

La teoria scettica dell’autore inglese, Premio Nobel della letteratura nel 1983, è ben chiarita nel suo celebre romanzo Il signore delle mosche (263 pagine, 13 euro), tradotto da Laura De Palma ed edito da Mondadori, un classico tra i suoi più celebri reso noto al grande pubblico nel 1954 e da cui sono stati tratti numerosi adattamenti cinematografici e teatrali. La trama ricorda quella di un altro capolavoro letterario I viaggi di Gulliver di Jonathan Swift, ma a differenza di quest’ultimo i protagonisti del libro di Golding sono dei bambini, tutti tra i sette e i dodici anni, nel pieno della loro innocenza, e l’epilogo è ben diverso rispetto a quello a cui giungerà il naufrago Gulliver. Ne Il signore delle mosche infatti, un gruppo di bambini si ritrova a vivere su un atollo corallino, in seguito a un incidente aereo nel quale muoiono tutti gli adulti e molti dei loro compagni. I giovanissimi superstiti si ritrovano su quest’isola deserta senza nessuno che possa aiutarli o suggerirgli come comportarsi. Senza regole, né divieti dunque sono costretti a organizzarsi per sopravvivere e pianificare una strategia per essere avvistati, salvati e riportati a casa.

Una struttura sociale

I primi due personaggi che troviamo nella narrazione di Golding sono Ralph e Piggy: il primo è un giovanotto di dodici anni, biondo, tranquillo e forse anche ingenuo, e Piggy invece, di cui non sapremo mai il suo vero nome, è un bambino ‘saggio’ ma con alcuni problemi di salute. Paffutello, asmatico e miope, Piggy è una risorsa malcompresa dal gruppo, una sorta di grillo parlante in aiuto a Ralph e i suoi occhiali saranno un oggetto prezioso non solo per lui, senza i quali non vede bene, ma anche per il gruppo che li utilizzerà per accendere il fuoco, per altro ultimo baluardo di tecnologia e modernità presente sull’isola. Grazie al ritrovamento di un primo totem, una conchiglia, viene indetta un’assemblea che proclama leader del gruppo Ralph, il quale insiste sulla priorità di tenere acceso il fuoco per farsi notare da eventuali navi di passaggio, e di rispettare la regola secondo la quale è possibile esprimere la propria opinione solo quando si ha in mano la conchiglia. Si intravede quindi, in un primo momento, la possibile costruzione di una struttura sociale secondo un ordine democratico, una sorta di Isola felice come quella dei bambini sperduti di Peter Pan.

Il gruppo dei cacciatori

L’aspetto più triviale invece viene incarnato da Jack, il ragazzino che più di altri subisce una profonda trasformazione caratteriale. Da capo coro a capo tribù, Jack incarna perfettamente il soggetto che più di altri subisce la metamorfosi del nuovo ordine sociale, la cui smania di brutalità e malvagità diventeranno sempre più evidenti man mano che si avanza nella lettura. Se in un primo momento il gruppo sembra coeso, fraternizza e rispetta le regole, lo sfaldamento sarà netto e evidente quando Jack organizza un nuovo gruppo e ne diventa il capo. La struttura del secondo ordine di sistema creato da Jack introduce un nuovo elemento: la caccia, che nel precedente non si era sperimentata perché non si aveva il coraggio di uccidere. In questa seconda costruzione sociale invece Jack non solo riesce ad uccidere il maiale ma lo erige a simbolo. Lo offre in sacrificio alla bestia sconosciuta per allontanarla. «Questa testa è per la Bestia. È un dono».

Le cose cambiano

Il totem del gruppo dei “cacciatori”, come si faranno chiamare, sarà infatti la testa di maiale infilzata in un bastone. Con il passare dei giorni attorno alla testa di maiale inizieranno a ronzare le mosche e poco per volta si decomporrà fino a trasformarsi in un teschio. Il signore delle mosche, il totem-maiale spacca definitivamente il gruppo, allontana la “Bestia” invisibile, combatte la paura con la paura stessa. La mutazione dei bambini che prendono parte al gruppo dei cacciatori avviene non solo nell’atteggiamento ma anche nei costumi che diventeranno sempre più leggeri e selvaggi, mentre i loro volti sporchi di terra colorata saranno delle maschere, esattamente come nelle tribù indigene. Il gruppo dei cacciatori oltrepassa la linea dell’innocenza e Ralph perde il controllo e l’obbedienza.

Ralph pianse per la fine dell’innocenza, l’oscurità del cuore dell’uomo e la caduta attraverso l’aria del vero, saggio amico chiamato Piggy.

Sopravvivenza e comportamenti bestiali

Golding ricompone in questo suo esperimento letterario la società del controllo di Foucault secondo due strutture: democratica e terroristica. La prima, quella di Ralph, è basata sull’obbedienza delle regole, la suddivisione dei compiti e il rispetto di tutti, con lo scopo di salvezza. Nella seconda invece, il controllo è perseguito con la violenza, la paura e il rispetto verso colui che è riuscito a uccidere la bestia. La favola allegorica di Golding che ha studiato il comportamento dei suoi studenti nella scuola dove lavorava è arrivato alla conclusione che «L’uomo produce il male come le api producono il miele». Il peccato originale non si può estirpare dall’uomo, la paura della bestia – dell’incubo e dell’invisibile – produce meccanismi di sopravvivenza che si trasformano a loro volta in comportamenti bestiali.

Che idea, pensare che la Bestia fosse qualcosa che si potesse cacciare e uccidere!

Se in un primo momento l’obiettivo di tutti è quello di alimentare il fuoco per essere salvati, in un secondo momento la visione di salvezza si sposta all’isola stessa e non da una minaccia estranea, ma tra i soggetti stessi che la abitano. Il nemico è sempre in casa nostra. Ritornando ai precedenti quesiti: Se avessimo la possibilità di ricominciare l’esistenza da zero, ricostituirci come esseri sul pianeta e reinventare un sistema di convivenza, riusciremmo ad essere migliori di adesso? Cosa cambieremmo? Ma sopratutto, riusciremmo a essere migliori?

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