Percepire il proprio essere e il proprio vivere è sentire la vita e le cose in tutta la loro pienezza. È questo il senso de “La passione secondo G.H.” di Clarice Lispector: leggendolo si abbandona il presente, il passato e il futuro e ci si immerge in un gerundio onnipresente. Un nuovo contributo di Lusoteca
La passione secondo G.H. (143 pagine, 8,50 euro) è pubblicato in Brasile nel 1964, quando Clarice Lispector aveva alle spalle oltre vent’anni di carriera letteraria, da quel fortunato 1944 che aveva visto l’uscita del primo romanzo di una giovanissima Lispector dal titolo Vicino al cuore selvaggio. Con la recente ristampa del libro per Feltrinelli, tradotto da Adelina Aletti, insieme alla raccolta di racconti Legami familiari, il romanzo Un apprendistato dei piaceri nonché l’antologia di tutti i racconti a cura di Roberto Francavilla, abbiamo colto l’occasione per ricordare un testo miliare della letteratura brasiliana.
Pura sensibilità
Nella famosa intervista del 1977, l’unica che Clarice Lispector ha rilasciato per la tv, la celebre scrittrice brasiliana ha affermato che la reazione dei lettori dinanzi ai suoi libri ha poco a che fare con la comprensione e molto di più, invece, con il sentire. E davvero quando parliamo del libro “La passione secondo G.H.” parliamo di pura sensibilità. E anche dello sforzo disumano di tradurre in parole il nostro sentire, di cogliere l’esistenza mentre essa è e accade. Il lettore abbandona il tempo presente, il passato e il futuro e si immerge in un gerundio onnipresente.
L’esile trama
Come in tutti gli scritti della Lispector la trama è esile: una donna, di cui conosciamo solamente le iniziali (G.H.), decide di riordinare casa in assenza della domestica Janiar, la quale ha smesso di prestare servizio presso la sua abitazione. La protagonista, narratrice in prima persona, decide di
iniziare la sua attività proprio dalla stanza della domestica, immaginando che qui il disordine sia maggiore rispetto alle altre stanze della casa. Con sua sorpresa troverà una stanza asettica e pulita ma la scoperta di una blatta che fuoriesce dall’anta di un armadio costituisce il punto di partenza di un lungo viaggio interiore.
Una visione diversa dell’esistenza
Se infatti G.H. è l’incarnazione di un’idea di persona, di quell’organizzazione in cui si traduce lo sforzo di vivere, l’episodio apparentemente banale della scoperta di uno scarafaggio fa emergere in tutta la sua forza la paura di essere, perché il sentimento di esistere svela che la vita è qualcosa di diverso da ciò che si pensa. G.H. scopre che il mondo finora vissuto l’ha trasformata in ciò che gli altri l’avevano sempre vista essere: una persona che porta un nome con due iniziali, G e H. Ora, invece, è proprio la sua vita interiore, quella nascosta agli occhi degli altri, che le rivela una visione completamente diversa dell’esistenza: percepire il proprio essere e il proprio vivere è sentire la vita e le cose in tutta la loro pienezza, in tutta la loro estasi di gioia, di piacere ma anche di dolore, di passione, appunto, che conduce al superamento dell’identità, del proprio io, della propria vita singola e individuale.
L’impresa del linguaggio
L’impresa della narratrice consiste nello sforzo di «lasciar venire a galla un senso», di dare una forma a ciò che le è accaduto attraverso la parola scritta e all’aiuto di un tu al quale sente di dover stringere la mano per non lasciarsi immergere completamente nell’ignoto dell’esistenza e della sua verità. Ma poiché «vivere non è narrabile, vivere non è vivibile», la parola non basta e sarà necessario creare sulla vita e sforzarsi a tradurre «segnali telegrafici» in un «linguaggio sonnambulo» che crei ciò che le è accaduto. “Creare non è immaginare, è correre il rischio grande di accedere alla realtà, capire è una creazione”. La genialità della Lispector trova un linguaggio che trascende le cose stesse e che sapientemente si colloca “nell’abisso tra la parola e ciò che essa cercava”, “negli interstizi della materia primordiale” e che conduce il lettore al nucleo dell’esperienza trascendente: “la cosa che io vedevo
era la vita che mi guardava”.
Abbandonare le certezze
E la blatta, vi chiederete? La blatta è la porta di ingresso per la verità e di più non voglio svelare. Mettetevi comodi, lettori, e preparatevi a lasciar andare le piccole certezze sulle quali costruiamo la nostra quotidianità, la «terza gamba» che ci ancora a terra e che l’autrice non indica chiaramente ma che possiamo ricondurre alla nostra cultura, alla nostra formazione, alla nostra moralità e convinzioni. Avere «le due gambe che camminano senza più la terza che tiene prigionieri» è libertà pura e spaventosa. È pura gioia. Buona lettura “eventuali lettori”, a voi è dedicata l’epigrafe di questo grande libro: che sia una sfida alla lettura e non un monito.
Agli eventuali lettori
Questo libro è un libro come un altro, ma avrei piacere fosse letto solo da persone dall’anima già formata. Quelle persone sanno come l’avvicinamento a ogni cosa avvenga per gradi e con sofferenza – e passando talvolta attraverso l’opposto di ciò che è la meta. Quelle persone e solo loro capiranno passo per passo che questo libro non toglie nulla a nessuno. A me, per esempio, il personaggio di G.H. ha dato a poco a poco una gioia difficile, eppure il suo nome è gioia.
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