Sono tante le figure di talento, note e meno note, raccontate in “Corpi speciali” di Francesca D’Aloja: dal mitico torero al leggendario esploratore, attori e scrittori, ma anche eroi di epopee minime. Storie raccontate fra divertimento e commozione
La letteratura si è spesso avventurata nella narrazione, caratterizzazione e ritratti a vario titolo e con i più diversi stili e prospettive di artisti, personaggi storici più o meno noti. Vengono in mente su tutti, forse solo per la suggestione della recente scomparsa del suo autore i Ritratti italiani di Alberto Arbasino, ma ne potremmo citare molti altri. Anche questo volume dell’attrice, regista e, ora lo possiamo dire a voce alta, scrittrice Francesca D’Aloja, Corpi Speciali (263 pagine, 18 euro), edito da La nave di Teseo, ha la sua di prospettiva, originale e affascinante, come ci avverte la quarta di copertina, quella che racconta «le storie di uomini e donne di grande talento: alcuni molto famosi, altri ingiustamente dimenticati e talvolta incompresi» uomini e donne narrati con «entusiasmo, pietà, divertimento e commozione».
Pezzi di cinema
Facendo leva sui rapporti instaurati nel tempo, dato il suo essere donna di cinema, l’autrice ci guida alla conoscenza di donne e uomini che ha incrociato, tratteggiando dei ritratti intimi e commossi: dalla sfortunata Laura Antonelli a Dino Risi, l’indimenticato regista de Il Sorpasso, nonché per un lungo periodo suo suocero, visto il suo matrimonio con il figlio del cineasta, Marco Risi, da Vittorio Gassman a Franca Valeri, la celebre attrice ora alla soglia dei cento anni, anche lei come testimoniato dalla D’Aloja che è riuscita a ricucirsi con merito il ruolo di scrittrice, soprattutto con il passare del tempo, quando la sua voce inevitabilmente si è fatta più flebile e incerta, benché sempre pungente a affilata come una lama. Scrive infatti la Valeri: «Come farò a raccontare quello che vedo? Torno al concetto del poter raccontare. Non manca forse solo il tempo è che il racconto perde verità mentre riproduce la storia, tu che l’hai vissuta la senti come un racconto. Da una parte va verso la verità, dall’altra ha conquistato la fantasia. La vita in parte si vive, in parte s’inventa. Bisogna scegliere cosa ricordare».
Fra vero e verosimile
I racconti della D’Aloja spaziano fra il vero e il verosimile, soprattutto nei casi di quei personaggi sconosciuti ai più come l’affascinante e drammatica storia di Jan Karski, il diplomatico e resistente polacco che ha testimoniato gli orrori del ghetto di Varsavia e le atrocità naziste senza essere creduto, storie sconosciute ai più, corpi speciali come quello del cosiddetto Lama bianco, quel Theos Bernard che è stato il primo uomo occidentale a avere accesso ai templi di Lhasa e a essere iniziato ai misteri del Buddhismo tibetano.
Fra i diversi ritratti una menzione speciale per penetrazione e forza va a quello intitolato Il samurai, quello dedicato al quasi leggendario matador de toros José Tomás, colui del quale Joaquin Vidal, giornalista del Pais, ebbe a dire: «È arrivato José Tomas e d’ora in avanti esisterà un prima e dopo», José Tomás, Il torero metafisico che diceva, «Quando toreo lascio il mio corpo in albergo», il misterioso e refrattario a quello stesso mondo delle corride, già di per sé misterioso e per certi versi metafisico che aggiunge: «Non voglio fare interviste, voglio solo sparire», colui che oltre ogni umana logica, dopo aver rischiato la vita a seguito di un grave incidente con un bestione di quasi mezza tonnellata dal nome Navegante, il toro che durante una corrida in Messico lo strapazzò perforandogli l’arteria femorale, ritornerà dopo pochi anni in una Plaza de Toros a matar la morte, per ben sei volte, contro ben sei tori consecutivamente. Vale forse riportare per intero un brano letto da José Tomás:
“Pochi giorni dopo essermi risvegliato a seguito della ferita di Aguacalientes ho cominciato a ricevere la visita di Navegante, il toro che me l’ha inferta. Onestamente, la cosa all’inizio non mi fece piacere, ma con il passare dei giorni ho messo da parte il rancore, e abbiamo cominciato a conversare, Navegante e io. In fin dei conti ho capito che quella cornata, lungi dal fare di noi due nemici, ci ha uniti per sempre: Durante una delle nostre conversazioni, gli ho domandato: “Perché mi hai fatto tutto questo?” la sua riposta è stata: “Perché dovevi ripagarci per tutto quello che noi, i tori, abbiamo dato a te”
Gli scrittori e la rockstar
In Corpi speciali troveremo molti altri personaggi, più o meno noti, da Camus a Luciana Castellina, da Lucia Joyce, la figlia sfortunata del grande scrittore James, a Luca Predan, una semisconosciuta alle nostre latitudini rockstar, eppure in Argentina dove si trasferì dal suo e nostro paese diventò una specie di mito, prima e dopo la sua tragica fine, fino a donne come Edith Bruck che ovviamente fanno parte del bagaglio familiare dell’autrice, essendo questa la moglie di Nelo Risi, fratello del più noto regista Dino. In casi come questi capiamo che la scrittura squarcia un velo. Il bellissimo e commovente racconto della malattia degenerativa di Nelo e dell’amorosa cura con la quale la moglie Edith lo assiste fino alla fine è suggellata da una bellissima poesia, perché anche scrivere è “un ennesima prova d’amore”, uno squarciare il velo.
Resuscitati dall’oblio
In questo modo anche storie apparentemente minime, fatte di emozioni, gioie, dolori ci offrono il dono dell’ascolto, del predisporsi all’ascolto, quindi del leggere, storie di personaggi che anche se non hanno mai lambito il palcoscenico, o che quantomeno lo hanno fatto in molti casi in modo ellittico e in secondo piano, all’ombra delle più conosciute e eccelse figure, vengono così resuscitate dall’oblio, con l’amore della parola, e mi perdoneranno coloro che non ho citato qua, basterà del resto leggersi il bellissimo volume di Francesca D’Aloja che si chiude con il potente e epico racconto che narra l’impresa dell’esploratore Ernest Shackleton, il quale nel 1914 insieme a un manipolo di intrepidi ha sfidato qualsiasi legge di natura per raggiungere il Polo sud, impresa che nella sua essenza, il piantare la bandierina al centro dell’Antartico, è fallita, un glorioso insuccesso che è diventato la più grande storia di salvataggio di tutti i tempi, lui il capo spedizione che è riuscito a mettere in salvo tutti i suoi uomini.
Il bonus del volume è la bellissima galleria fotografica finale. Infine, ma qui si va proprio sul personale, la citazione di un verso di una canzone dei Radiohead posta come epigrafe al primo racconto, quello dedicato a Laura Antonelli e intitolato “Io, Laura e la bellezza perduta”, per quanto mi riguarda è stata sufficiente all’avermi spinto a fare la conoscenza di questi Corpi speciali, raccontati magistralmente da Francesca D’Aloja.
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