In “Verso Sant’Elena” di Roberto Pazzi la narrazione realistica di eventi e personaggi legati alla vita di Bonaporte si miscela a una non comune capacità visionaria. Una vicenda storica lontana, ma che può dare insegnamenti attuali
La sensibilità dell’intellettuale, la consapevolezza dell’ineluttabilità del tempo, la coscienza di essere di fronte alla storia con tutte le contraddizioni che il pensiero e l’agire umano spesso determinano in essa, fanno sì che Roberto Pazzi riesca nel romanzo Verso Sant’Elena (192 pagine, 15 euro), pubblicato da Bompiani, a creare delle pagine storico-fantastiche in cui la narrazione realistica di eventi e personaggi si miscela ad una capacità visionaria che gli consente di penetrare nel conscio e nell’inconscio di Napoleone in quel drammatico momento del suo viaggio verso Sant’Elena.
È scesa ormai la sera di quel 14 ottobre 1815 e, dopo due mesi di viaggio, ormai la meta è vicina. L’alba del giorno successivo avrebbe reso visibile quell’isola, poco più che uno scoglio, ultima meta di chi aveva creato un immenso impero.
Già aveva, ormai è tutto passato e Napoleone, quasi per consolarsi e nello stesso tempo convincersi della veridicità del panta rei eracliteo, tra i libri che si è portati dietro, c’è anche quello di E. Gibbon, Declino e caduta dell’impero romano. Forse la sua lettura lo avrebbe indotto a meglio accettare la filosofia vichiana dei corsi e dei ricorsi storici, anche se ancora non smette di sperare ed accarezza l’idea che un nuovo corso possa ricominciare.
Immaginifico dormiveglia
L’imperatore si ritira nella sua cabina e vorrebbe dormire, riposare, ma non sarà così, infatti la sua capacità visionaria entra in azione e, come in una sorta di flashback, personaggi vari entrano dall’uscio e convengono nel far rinascere in lui tanti ricordi: eventi, storie di vita, personaggi, già personaggi non solo perché si muovono nel palcoscenico del suo immaginifico dormiveglia, ma anche perché c’è Eugénie, «l’eroina della sua storia d’amore Clisson et Eugénie, ispirata a Désirée, la sua fidanzata, un romanzo giovanile incompiuto… e ora… non più di carta, ma di carne, che veniva a cercare il suo Clisson!» (pag.13). E poi di capitolo in capitolo, nel romanzo di Pazzi, seguono i vari percorsi di familiari, amici, regnanti che nelle loro peculiarità relazionali, hanno interagito o interagiscono con lui per sincerità affettiva o per convenienti opportunismi che nella ragion di stato hanno trovato giustificazione, visto che, come sostiene Machiavelli «Il fine giustifica i mezzi».
Nella storia
Ma il predetto aforisma vale anche per Napoleone, anche per lui il conseguimento dell’obiettivo è ciò che conta: egli, anche se alla fine è sconfitto, è entrato nella storia, ma potrebbe essere una storia diversa se il tempo da quel momento non fosse diventato attesa del niente e il mondo per lui non si fosse ridotto ormai «la dolce ferita dell’assenza, in una nave addormentata… quasi alla deriva, fuori della storia» (pag.183). Si può concludere che Roberto Pazzi riesce a ripercorrere con acume psicologico e vivacità descrittiva una vicenda storica ormai lontana, ma foriera anche oggi di validi insegnamenti.
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