Due commissari e un cadavere, ma “Il mare invisibile” di Maria Rizzi colpisce per la forza figurativa e una trama in cui razzismo, avidità e crudeltà la fanno da padroni
Dovrei parlare di un giallo, c’è un commissario, anzi due. E c’è un cadavere. Eppure, riferendomi a questo libro, preferirei pensare ad una espressione più geografica e meno settoriale perché Il mare invisibile (144 pagine, 13 euro) di Maria Rizzi, edito da Narratori della Sera, impressiona per la forza figurativa e altamente evocativa delle sue immagini. Tra queste pagine ritroviamo infatti la Sardegna interna in tutta la sua mediterraneità, con quei colori abbaglianti e quegli odori inebrianti – «la pineta costiera, i viali tra gli alberi, l’arenile di sabbia, il sottobosco umido di felci e muschio» – che fanno da cornice ad alcuni segreti dal sapore quasi massonico.
Indizi e schegge di poesia
In questa storia di Maria Rizzi, che vede l’ispettore Gianni Venanti, coadiuvato dal commissario Del Prete e dalla magnetica collega Grazia Canali, alle prese con un caso apparentemente senza logica in un paese semi deserto, le tracce più belle da cercare e seguire sono quelle che procedono di pari passo con l’evolversi della trama dove razzismo, avidità e crudeltà la fanno da padroni. Agli indizi si affiancano delle schegge di poesia pura e commovente che impreziosiscono il testo, ricomponendo una lettura raffinata e puntualmente elegante: «il sole che ogni mattina regala il suo parto di sangue dietro al monte e il cielo, che la notte è pelle nera graffiata dal sole».
La tranquillità? Un’impressione
Non sfuggono a questo stile delicato, che pare muoversi sul velluto e sulla vigogna, anche i dialoghi dei protagonisti dotati, in molte circostanze, di vita propria: «Subiscono violenze e ingiustizie, eppure il loro modo di porgersi è pulito come un sasso lavato dal mare». Consigliato a chi è consapevole che la tranquillità è spesso solo una impressione, dietro la quale ululano i venti impetuosi della spietatezza umana.
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