Tra la seconda guerra mondiale e gli anni Novanta: sono i due piani temporali de “La ragazza con la macchina da scrivere” di Desy Icardi. La protagonista Dalia, settantenne, reduce da un ictus, ha perso parzialmente la memoria. Allo scrittoio, tra dita e tasti, ripercorre i solchi di una storia già tracciata
Dalia Buonaventura ha diciassette anni e fa la dattilografa. Siamo alle soglie della seconda guerra mondiale, Avigliana, un piccolo borgo vicino a Torino dove si svolge la vita indaffarata della ragazza, una famiglia un tempo alto borghese alle spalle ma oggi indebitata tanto da costringerla a lavorare, l’amica ebrea pronta a scappare dopo le leggi razziali, un’esistenza di paese fatta di personaggi mediocri, finché non arriva uno scrittore misterioso, e tutto cambia. Così La ragazza con la macchina da scrivere (366 pagine, 15 euro), secondo romanzo di Desy Icardi per Fazi editore, si prepara a narrare una storia che avrà il suo culmine con i bombardamenti sulla città di Torino, l’Italia entrata in guerra e una vita da ricalcolare nello scontro con una realtà dura e inattesa.
Come un romanzo a puntate
Si entra da due porte dentro questa storia di Desy Icardi che gioca con il romanzo di appendice e ne mette in scena la stessa realizzazione. Conosciamo Dalia ragazzina, ad Avigliana, il paese già stretto nella morsa del fascismo, seppure alleggerito dalla vita routinaria provinciale. La sua vita si muove tra il padre, autoritario e pieno di sé, l’ufficio del ragionier Borio, dove Dalia lavora come dattilografa, e i tanti personaggi presso i quali si reca, pedalando sulla sua Bianchi, per svolgere i lavori sotto dettatura.
Ma conosciamo anche, insieme, una Dalia settantenne, reduce da un ictus che le ha parzialmente cancellato la memoria. Siamo nel 1994, tra gli anni Quaranta e l’oggi della Dalia commerciante in un negozio di anticaglie dalle storie curiose è trascorsa una vita intera: la protagonista la ripercorre, o almeno cerca di farlo, ma le manca un passaggio logico che ne inceppa il corso naturale e che la fa scontrare con dettagli impensati che, in modo quasi soprannaturale, le bussano alla porta per svegliare la memoria.
La memoria dei tasti
Sopita e cancellata dal malore, la memoria stenta a tornare, balugina, e lo fa attraverso un senso tutto particolare: il tatto. È nel febbrile rapporto con i tasti della sua fedele Olivetti MP1 rossa portatile che Dalia scopre quella che chiama la memoria dei tasti. Le dita vanno da sé: come facevano ripercorrendo gli esercizi di dattilografia durante i bombardamenti su Torino, nel 1940, così sono animate ora, con una Dalia anziana allo scrittoio, nel ripercorrere i solchi di una storia già tracciata. È la storia della stessa Dalia, una sorta di biografia inaugurata proprio per fissare la memoria labile.
È come se i ricordi, non più recuperabili secondo la prassi consueta, nella testa, si fossero mantenuti vivi proprio tra le dita e i tasti, dove si agitano per raccontarsi, per riprendersi lettere e parole, e tornare vivi. Così ripercorriamo, tra i fogli dattilografati, nel rimpiattino dei capitoli che si alternano tra ieri e oggi, la storia di Dalia ragazzina tra lavori, amicizie, amori e delusioni. L’Olivetti portatile sempre presente, casa dopo casa, rifugio e unica fedele compagna di vita. Perché gli oggetti, in questa storia, sono storie che forniscono indizi a volte determinanti, e Dalia imparerà a capirlo.
Annusando libri
Nel gioco di rimandi tra testi, storie e scritture, i lettori di Desy Icardi ritroveranno un accenno esplicito al primo romanzo dell’autrice, L’annusatrice di libri. Un’altra storia di sensi, ma se per Dalia è centrale il tatto, in quel primo romanzo fondamentale era il naso, con un fiuto speciale per i libri che tra le pagine de La ragazza con la macchina da scrivere ritorna nella bonaria figura dell’avvocato Ferro. Un baluardo sicuro, benefattore e amante dei libri, che distribuisce come farmaci, calibrati su ogni lettore, su ogni esigenza. Personaggio vivo e risolutore, l’avvocato è l’aiutante perfetto per la giovane Dalia, il riparo sicuro, e non solo in senso metaforico ma reale. Difficile non farsi colpire dalle scene che, durante i bombardamenti sulla città di Torino, lo vedono insieme ai suoi ospiti e amici correre giù nella cantina foderata di libri, tra i quali nascondersi per aver salva la vita. Le storie, in fondo – Dalia lo scoprirà sulla propria pelle – fanno proprio questo: salvano, a volte persino da se stessi, parola di Daniel Pennac.
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