Alberto Arbasino è uno di quegli scrittori contro cui prima o poi ci si scontra. E se non lo conoscete, andate a recuperare…
Alberto Arbasino, morto oggi a novanta anni, è stato uno di quegli autori contro i quali prima o poi ci si scontra. Soprattutto se sei giornalista e provi a raccontare il mondo. Testimone di un’Italia uscita dal dopoguerra nel suo pieno boom, gli è toccato anche descrivere la “mutazione” della Repubblica che lo ha portato a raccontare i “paesaggi italiani con zombie” della fine degli Anni Novanta alla “vita bassa” degli anni Duemila. Sempre con una scrittura barocca, piena di riferimenti culturali (ora alti, ora bassi), capace di unire mondi distanti tra di loro. Di essere testimone dei costumi del tempo sempre con una penna affilata, ironica, disincantata molto distante dal politicamente corretto pur non risultando mai offensivo. Scrittore “camp” è stato anche definito e, mi informa Wikipedia “si riferisce all’uso deliberato, consapevole e sofisticato del kitsch nell’arte, nell’abbigliamento e negli atteggiamenti”. Anche se non lo avete mai letto sono sue le espressioni come “la casalinga di Voghera” e la “gita a Chiasso” diventate di uso comune. E se non le conoscete, andate a recuperare…
Il primo incontro con Arbasino è alla tesi di laurea. Fratelli di Italia, è un viaggio lungo lo Stivale compiuto negli anni Sessanta, è uno ritratto del paese alle prese con il boom economico e testo fondamentale per comprendere alcune delle teorie letterarie della Neovanguardia italiana del Gruppo 63 che si riunì proprio a Palermo. Dall’Ellade a Bisanzio è il racconto della fuga dalle Olimpiadi del 1960 a Roma da parte di un gruppo di giovani di buona famiglie (e di ottime letture) alla ricerca di Olimpia, quella originale: “un viaggetto di formazione prima dei turismi di massa oramai imminenti”. Ottima guida per gli amanti della classicità alle prese con le visite in Grecia. Parigi o cara raccoglie ritratti di personaggi che abitavano alla fine degli anni 50 una città “piena di mostri sacri che non immaginava di essere gli ultimi rappresentanti di una specie leggendaria”. Tra di loro Louis Ferdinand Celine, Raymond Queneau, Roland Barthes, Georges Simenon, Henry Miller. Dalla Francia ai Ritratti italiani, passando da America Amore dove Disneyland di Los Angeles diventa una “nuova Villa Adriana (di Tivoli)” la linea che ha unisce la scrittura di Arbasino notista è uno sguardo disincantato nei confronti della realtà, divertito e a volte strafottente. Chissà cosa pensava di questi tempi di chiusura in casa e di appelli alla nazione con sfondo libreria con tomi in bella mostra.