Oreste, contro i crimini per esaltare il potere della parola

Ne “L’ignoranza dei numeri”, Francesco Paolo Oreste, col pretesto di un giallo e di un ispettore, Romeo Giulietti, – in una Napoli avvilita dalla camorra e dalla collusione di questa con il potere burocratico e politico – riesce a fornire un ritratto complessivo e un’esperienza di sintesi dell’esperienza umana

Il romanzo poliziesco è un sottogenere letterario, nato nell’Ottocento con il racconto di Edgar Allan Poe,”I delitti della rue Margue” che ne fissò in qualche modo i tratti caratteristici, quali la presenza di un acuto investigatore che con una sua precisa personalità spesso appare in una serie di romanzi, come, ad esempio, lo Sherlock Holmes di Arthur Conan Doyle o l’Hercule Poirot di Agatha Cristhie. Esso è un sottogenere di grande successo popolare perché in grado di appagare il gusto di un vasto pubblico che attraverso tracce progressivamente disseminate viene emotivamente ed intellettualmente coinvolto.

Non un semplice poliziesco

Il romanzo di Francesco Paolo Oreste edito da Baldini+Castoldi, L’ignoranza dei numeri (190 pagine, 18 euro), con prefazione di Erri De Luca, a buon diritto appartiene a tale sottogenere, infatti ne presenta tutte le caratteristiche, non esclusa la presenza di un assistente dell’ispettore, Michele a polemica di poche parole che, novello Watson, lo coadiuva con il suo pragmatismo. Tuttavia il protagonista, l’ispettore Romeo Giulietti non è descritto esclusivamente nella sua operativa abilità nella conduzione delle indagini, ma anche e soprattutto nella sua vita privata, nella sua indole, nella sua essenza interiore conscia ed inconscia, sicché il suo modo di essere diviene “un esserci” per adoperare un sema heideggeriano, che guida il suo agire anche nell’attività investigativa. Ne consegue che nello stesso tempo possiamo considerare il romanzo come inseribile nel sottogenere espressivo-emotivo, poiché quello poliziesco non è sufficiente a qualificarlo, tuttavia, grazie a questa sorta di contaminazione, il narratore riesce a fornirci un ritratto complessivo e una coscienza di sintesi dell’esperienza umana.

La giustizia prima del rispetto della legge

L’ispettore di Oreste, Romeo Giulietti è una persona riflessiva, che nutre speranza, indotto ad amare e a capire, ad entrare dentro le motivazioni economiche, sociali che inducono alla deviazione per carpire insieme all’illegalità, l’ingiustizia socio-economica che spesso si pone alla base dell’atto criminoso e il processo razionale ed emotivo nello stesso tempo, del tentativo di comprensione è tale che diviene anche materia dei suoi sogni: «Lui , l’ispettore, sogna la vita degli altri: i loro amori, le loro miserie e i loro dolori gli cadono dentro… e aspettano che Romeo Giulietti chiuda gli occhi. E poi ricomincia lo spettacolo» Alla sua indole naturalmente indotta alla comprensione e all’amore sembra alludere anche il suo nome, Romeo Giulietti che tanto ricorda il titolo di una rinomatissima commedia di William Shakespeare. Uomo di cultura, amante della lettura e della poesia, antepone la giustizia al rispetto della legge, considerato che “spesso la legge si faceva beffe della giustizia, la relegava in un angolo e godeva nell’affermare il suo arrogante potere» (pag.138) e proprio per questo, egli volge la sua attenzione agli ultimi, in una Napoli avvilita dalla camorra e dalla collusione di questa con il potere burocratico e politico. Ma la caratterizzazione del personaggio non è affidata soltanto alle reazioni nello stesso tempo, come si è già detto, razionali ed emotive del suo operare nel corso delle investigazioni, ma anche alla descrizione dei suoi amori, quale quello impossibile per la sua Rebecca.

Parole, nessuna pretesa di universalità

Nonostante il suo saggio operare il nostro ispettore rischia di essere processato e licenziato per aver favorito uno sciopero contro le discariche dell’immondizia alle falde del Vesuvio e vicino alle abitazioni , ma durante una conferenza stampa, grazie all’uso accorto delle parole, riesce ad assecondare tutti, pertanto non gli resta che esaltare il potere delle parole poiché esse «non sono numeri, non hanno la pretesa di essere universali ….Sanno di potere essere tutto e niente, che il loro senso dipende dal tono, dai gesti, da un respiro o un accento». Con una prosa semplice nel lessico e nella strutturazione morfo-sintattica, Francesco Paolo Oreste, scrittore in posizione eterodiegetica, ci pone di fronte ad un intreccio che diviene anche occasione per esaltare il potere della parola.

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