Arpaia tra i buchi neri della geopolitica e l’autofiction

Ne “Il fantasma dei fatti”, titolo che cita Sciascia, Bruno Arpaia affronta la figura di un uomo della Cia legato a misteri internazionali, dall’Italia al nord e al sud America, una personale ossessiva ricerca documentaria, riannodando la sua carriera di scrittore, traduttore e operatore culturale…

Usa, Europa e Italia. Prima. Il 3 settembre 1978 Tom K il Greco riceve cautamente nella sua casa di vacanza prossima al Grand Lake o Lac Grand in Québec due agenti della Cia provenienti dalla sede centrale a Washington, il capo George e un altro giovane addetto. Il 61enne è solo, la moglie già ripartita, pure le tre figlie tornate nelle rispettive residenze. Lo interpellano per cercare di capire cosa dirà nei giorni successivi alla Hsca, la House Select Committee on Assassinations, la Commissione della Camera dei Rappresentanti che sta indagando ancora sugli omicidi di John Kennedy e Martin Luther King. Era stato chiamato a giugno ma si era detto indisponibile, non ha lasciato mai nulla per iscritto, devono proprio parlarci di persona. Forse.

Agente segreto dei due mondi

Un uomo chiamato Thomas Hercules Karamessines risulta davvero come professionale dirigente dell’Agenzia, nato a New York il 25 luglio 1917 da una famiglia di origini greche, fin dal 1942 arruolato nei servizi segreti e subito freddamente operativo in Grecia durante la guerra mondiale e poi la guerra civile. Presto si traferì in Italia, tornato in patria seguì o guidò tutte le operazioni coperte della Compagnia, sia nei casi del Vietnam e del Cile che rispetto alla cattura di Che Guevara. Forse in gran parte visse così. Nel nostro paese era stato capo della stazione Cia di Roma dal 1958 al 1963, e, proprio in quel periodo, ebbero tragicamente luogo quattro vicende umane che avrebbero ridimensionato e azzerato il grande ruolo italiano nell’elettronica, nel nucleare e nelle biotecnologie e compromesso una prestigiosa autonomia energetica e politica. Vi erano in vario modo coinvolte personalità straordinarie: Enrico Mattei, Mario Tchou, Felice Ippolito, Domenico Marotta. Forse il declino fu in parte risultato di una qualche cospirazione internazionale? Karamessines avrebbe potuto dirci qualcosa a riguardo (sulla base delle tante incerte tracce emerse nei decenni seguenti)? Chi può dirlo? Appare coraggioso e utile che qualcuno ci abbia finalmente provato con serietà e acume.

Nel segno di Sciascia

Bruno Arpaia (Ottaviano, 1957) pubblica nel 2020 una gran bella storia! In esergo al suo romanzo Il fantasma dei fatti (288 pagine, 19 euro), edito da Guanda, Antonio Muñoz Molina nel metodo e, soprattutto, il Leonardo Sciascia investigatore su Majorana nel merito: “Abbiamo avuto, al di là della ragione, la razionale certezza che, rispondenti o no a fatti reali e verificabili, quei… fantasmi di fatti che convergevano su uno stesso luogo non potevano non avere un significato”. E che ci fosse un significato era ed è anche l’opinione del sobillatore di Arpaia, il più bravo giornalista scientifico italiano, un altro Greco, Pietro (Barano d’Ischia, 1955).

Due trattazioni parallele

Il romanzo di Arpaia ha infatti due trattazioni parallele con personaggi del tutto differenti ma entrambe in prima persona: da una parte l’agente inesperto racconta il plausibile colloquio canadese in cui vengono ricostruiti tanti accertati casi storici della geopolitica internazionale dal (fattivo) punto di vista dell’intelligence americana (spesso divisa all’interno e con risvolti presidenziali), con doviziosa attenzione a quelli italiani (da De Lorenzo a Gelli); dall’altra parte l’autore ricostruisce l’evoluzione per quasi undici anni del tarlo contagioso trasmessogli dall’amico saggista in un dopocena del 27 giugno 2008 a spasso per Chianciano, con le successive ricerche accurate documentarie e bibliografiche alla ricerca di sensati espedienti narrativi, inframezzate dalle attività personali della ricca vita relazionale o professionale (scrittore, traduttore, operatore culturale) e delle relative precarie soddisfazioni finanziarie. Per esteso è citato il lucido articolo pubblicato da Arpaia su Repubblica il 25 ottobre 2014: L’inesorabile scomparsa dello scrittore medio. Era stato scritto (come questo romanzo) da un vero grande scrittore. Molti dei suoi precedenti testi fanno parte del racconto, quelli scritti in corso di contagio (l’interesse per la fisica quantistica, la cultura che si mangia, il futuro delle migrazioni da deserti e siccità incipienti) e i pregressi (anni di piombo, Walter Benjamin), come anche le traduzioni dallo spagnolo e i suggerimenti di cari colleghi giornalisti e scrittori (spiccano D’Avanzo e Taibo II). I progressi delle ricerche sono accompagnati dalla citazione di saggi, documenti e ricostruzioni, per una bibliografia completa ma non burocratica. Si cena greco (ovviamente), prima del Crown Royal Black. Loro beati, George canticchia Pete Seeger, Tom preferisce opere liriche e inni patriottici.

È possibile acquistare questo volume in libreria o qui

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *