Le radici del greco nelle lingue moderne e in generale la sua eredità culturale. Di questo si occupa il saggio “Rhizomata” scritto da Francesca Scozzari e da una classe di un liceo di Ribera. Per capire come il mondo di oggi si fondi quasi interamente su quello di ieri
Che cos’è la cultura? Cos’è un’eredità culturale? Come e da dove si è costituito il mondo moderno? Sono queste alcune delle domande alle quali cerca di rispondere il libro Rhizomata, pubblicato dalla casa editrice Momenti di Ribera (Ag). Il libretto è stato curato dalla professoressa di lingua e letteratura greca Francesca Scozzari e dalla classe VB indirizzo classico dell’istituto superiore Crispi di Ribera, si compone di cinquanta “tavole”: ogni pagina riporta la radice madre di una famiglia di parole greche, in base alla sfera sensitiva ed emotiva, e gli eventuali lasciti che ha tramandato nelle lingue moderne. La presentazione del testo ha visto la partecipazione di una personalità di spicco nel campo della cultura classica, ossia Salvatore Nicosia, professore emerito di Lingua e Letteratura Greca presso l’Università degli studi di Palermo. La giornata non ha avuto il solo scopo di presentare il libro ad alunni e docenti, altresì il fine di far comprendere come il mondo di oggi sia quasi interamente fondato sul mondo di ieri, di contro a quanto comunemente si potrebbe ritenere.
Parlare? Ripercorrere il passato
Attraversando la lingua greca antica, ma anche quella latina e italiana, in un percorso diacronico e sincronico, ci si è resi conto che parlare di una lingua, soprattutto il greco antico, equivale a ripercorrere il nostro passato e a scoprire i motivi eziologici di ideologie, tradizioni, usanze, nomi, italiani e siciliani. In una certa misura, riflettere sul mondo antico oggigiorno comporta una serie di problematiche sociali e politiche. Alessandro Magno si spinse fino all’India allargando i confini dello scibile, i romani fondarono l’Impero più vasto del mondo. Greci e romani, in tempi e modi diversi, conquistarono il mondo, nulla fu precluso ad essi, dai rostri dei loro tribunali decisero le fortune di altri popoli ed il solo saper di siffatte virtù rende le decisioni di noi moderni quasi del tutto vane e incomparabili. Niente di splendido è stato mai compiuto se non da coloro che hanno osato credere di avere dentro di sé qualcosa di più grande delle circostanze. Agli occhi dei moderni, quelli che noi chiamiamo antichi sembrano non temere la “zona di paura”. Ma è bene sottolineare, come ha asserito il professore Nicosia, che i greci conquistarono il mondo con le parole a differenza dei Romani. Infatti, la cultura occidentale inizia con l’Iliade e l’Odissea, rispettivamente il poema delle virtù eroiche e il poema del ritorno. Omero, o chiunque cantasse sotto questo nome, avrebbe potuto creare dei capolavori tali senza le sfumature e la duttilità a cui si presta il greco? Basteranno dei brevi esempi.
Non c’è eroe senza eros
Il termine “frasis”, in greco antico, significa molte cose: espressione meditata, spiegazione, diaframma, polmoni, pericardio, respiro, mente. Dunque, è un termine difficile da tradurre. Nella filosofia orientale alludeva spesso al respiro, ma per i greci era anche la sede del pensiero, di conseguenza essi, quando dovevano concentrarsi per pensare, si premevano il diaframma e non le tempie come siamo soliti fare noi oggi. Il verbo “frazo”, invece, etimologicamente collegato a frasis, significa “spiegare”, quindi parlando si dicono cose meditate che hanno a che fare con il proprio respiro, se si è affannati non si può organizzare bene il pensiero. In Omero, poi “frenes”, anche questo etimologicamente collegato ai termini precedenti, sono le parti intorno al cuore, la viscera thoracis, sede del cuore, della mente, ma anche del tumòs, del pensiero e della passione. Il termine “eroe” deriva dalla parola greca ἔρως (eros) , che significa semplicemente “uomo” nella sua accezione originaria. Omero usava il termine per qualsiasi uomo libero che combattesse per il bene della comunità. Platone, successivamente, nel Simposio, cercando di capire in cosa si differenziasse eroe da ἄνθρωπος (antropos) che significa pure uomo in greco, ideò una teoria molto fantasiosa: ricondusse il significato di eroe ad “eros”: Amore. Nessun protagonista di qualsiasi storia sarebbe in grado di agire se non grazie a questo, non c’è eroe senza eros!
Il presupposto della civiltà moderna
Come affermò Gramsci, non si impara il latino e il greco per parlarli, per fare i camerieri e gli interpreti, ma per conoscere direttamente il presupposto necessario alla civiltà moderna, cioè per essere sé stessi e conoscere sé stessi consapevolmente. «Come usiamo lo specchio per riflettere le forme delle cose, così studiamo l’antichità per comprendere il presente» (Confucio).