I motivi della scrittura e le emozioni che stanno alla base dei suoi ultimi racconti. Ecco di cosa parla in questa intervista lo scrittore bulgaro Georgi Gospodinov: “Le mie storie nascono da quello che ti è stato negato e l’unica possibilità di sopravvivere è raccontarlo. Quello che mi interessa, né più né meno, è l’uomo, con tutti i suoi labirinti, corridoi interni, amore, malinconia”.
E tutto divenne Luna (142 pagine, 16 euro), un’antologia di diciannove racconti dello scrittore bulgaro Georgi Gospodinov, uscita per Voland, ha al centro l’essere umano, la sua capacità di sognare, la sua necessità di confrontarsi con la fine e la sopravvivenza di un ricordo che passa attraverso la narrazione: «Mi interessa parlare delle cose più importanti, quelle mai avvenute e mai raccontate», dice Gospodinov. Nato nel 1968 a Jambol, il suo esordio narrativo Romanzo Naturale, è stata una vera rivelazione. Ha scritto poesia e anche per il cinema, è stato definito il Milan Kundera della Bulgaria.
Gospodinov, l’antologia uscita per Voland raccoglie diciannove racconti, scritti in epoche diverse e che utilizzano anche stili diversi. Tuttavia ha individuato un fil rouge che potrebbe unire le sue storie?
«Ci sono almeno due temi che si riscontrano in tutti i racconti: il primo è come ci confrontiamo con la fine, che sia di un rapporto, del mondo, di una vita. E il secondo è quanto sono importanti le cose mai accadute, a volte più importanti di quelle che invece accadono. Le mie storie nascono da quello che ti è stato negato e l’unica possibilità di sopravvivere è raccontarlo. Mi interessa parlare delle cose più importanti, quelle mai avvenute e mai raccontate».
Nelle storie mai avvenute e mai raccontate, qual è il sentimento, l’emozione più forte che l’ha spinta a scrivere i suoi racconti?
«La risposta veloce è: amore e desiderio di vicinanza. E la tenerezza del perdente».
Georgi Gospodinov, lei è certamente uno degli autori più innovativi del suo paese. Ci racconta che cos’è accaduto in Bulgaria dopo il 1989, com’è cambiato il modo di scrivere e qual è stata la sua scelta narrativa che le ha portato il successo?
«Ho avuto il coraggio di raccontare in prima persona la mia storia personale, le storie di coloro che per lungo tempo sono rimasti in silenzio. Ho scritto di cose che solitamente teniamo dentro e ho cercato di farlo con l’empatia. Questo è tutto. Quando Romanzo naturale fu pubblicato in Bulgaria è stato un evento scioccante, perché era troppo diverso dal modo classico di raccontare le storie. E in più c’erano tre protagonisti di nome Georgi Gospodinov. Volevo scrivere un romanzo che non appartenesse a nessuna categoria, tranne che alla mia idea di come dovrebbe essere raccontato».
L’empatia è al centro del suo libro Fisica della malinconia, grazie a questa il protagonista riesce a relazionarsi con gli altri. Cos’è per lei l’empatia?
«Credo che viviamo in un tempo in cui l’empatia stia diventando una condizione essenziale per la sopravvivenza. Continuo a credere che proprio raccontare delle storie crei empatia, renda l’altro visibile a noi. Ogni persona è, per natura, empatica. Ma esiste la propaganda dell’odio che ci lavora contro. Quello che mi interessa sono le storie personali, soprattutto quando sono le storie dei perdenti. Cerco di capire la malinconia prodotta dal silenzio».
Di lei è stato detto: «Definito il Milan Kundera della Bulgaria per i suoi viaggi nel mondo interiore, potrebbe essere accostato anche a Friedrich Durrenmatt per la sua riscrittura del mito del Minotauro, ma a ben vedere Georgi Gospodinov è uno scrittore unico». Che cosa la incuriosisce ancora dell’essere umano, tanto da spingerla a scrivere un prossimo libro?
«Ci sono tante cose che ancora non sono riuscito a descrivere. Come dice T. S. Eliot “Per noi c’è solo il tentativo. Il resto non è affar nostro”. Quello che mi interessa, né più né meno, è l’uomo, con tutti i suoi labirinti, corridoi interni, amore, malinconia. Il romanzo che sto scrivendo ora cerca di indagare sul tentato ritorno al passato, che a volte non è così innocente quanto sembra».
Nel 2019 abbiamo celebrato l’anniversario dell’allunaggio, secondo lei siamo ancora in grado di sognare e di sorprenderci come è accaduto ai nostri genitori quando hanno visto il primo uomo mettere piede sulla Luna?
«Perdiamo questa capacità sempre di più. Ecco perché scriviamo dei libri e raccontiamo delle storie, alla fine la letteratura serve esattamente a quello: riportare la magia in un mondo sempre meno magico. Una parte dei racconti in E tutto divenne luna tratta esattamente di questo».
Georgi Gospodinov che cosa le fa più paura?
«Ho tante paure. In realtà ho cominciato a scrivere proprio per scacciare un terribile incubo che mi perseguitava da bambino. Lo sognavo ogni sera. Non lo potevo raccontare a nessuno e decisi di trascriverlo. Avevo a malapena imparato a scrivere. E funzionò, non l’ho mai più sognato. Credo che sia un motivo assolutamente valido per diventare scrittore».
Lei si è rapportato anche con la scrittura per il cinema e con la poesia (sulla quale si stanno accendendo diversi riflettori editoriali), in quale “lingua” esprime meglio ciò che ha dentro oppure utilizza diversi stili prima di giungere alla stesura finale di un suo racconto?
«A volte scherzo dicendo che mi sentirò sempre come un trafficante di poesia nella prosa. La poesia ti insegna a essere sincero e breve, qualità importantissime per raccontare delle storie. Mi piace anche sperimentare con gli altri generi – ho scritto il libretto per un’opera lirica, una graphic novel, delle sceneggiature per cortometraggi. Ma all’inizio di tutto c’è stata la poesia. E mi dispiace che questo genere spaventi così tanto gli editori».
Come accade in uno dei suoi racconti di E tutto divenne Luna, se lei avesse a disposizione 8 minuti e 19 secondi di luce prima della fine, come li impiegherebbe? Cosa farebbe nell’ultimo frangente della sua vita?
«Racconterei una storia».