Ne “L’evento” Annie Ernaux rinnova “l’arte della memoria”, creando una sintesi dialettica fra ricordi personali e storicità, costruendo un rapporto etico ed intimo con il lettore. Raccontare l’aborto clandestino è al contempo denuncia sociale e violazione di un tabù letterario
Una delle frasi più potenti di Annie Ernaux riguarda «l’arte della memoria». L’unica alla quale non possiamo sottrarci. «J’ai le sentiment de creuser toujours le même trou», scrive la Ernaux ne L’Écriture comme un couteau. Ed è probabilmente questo spirito che ci accompagna nella lettura de L’evento (128 pagine, 15 euro), edito in Francia da Gallimard e pubblicato in Italia da L’Orma Editore nella magistrale traduzione di Lorenzo Flabbi. Il fascino è racchiuso in una scrittura «au-dessous de la littérature», che proprio in questo terreno trova la sua naturale collocazione. Una scrittura definita, non impropriamente, «autosociobiografica» da Pierre-Louis Fort. La trasposizione del sentire femminile circoscritto ad un evento traumatico e scandaloso al tempo stesso prende le mosse da una lacerante alterità esistenziale per approdare a una consapevolezza e integrità dove memoria personale e storicità si fondono creando una sintesi dialettica che si risolve sul piano del reale e nell’incontro con il lettore.
Squarciare il velo del silenzio
Il racconto dell’aborto clandestino è un atto coraggioso di denuncia del fallimento sociale e diventa, allo stesso tempo, una forma di violazione di un tabù letterario. Siamo nel 1963 nella Francia della legalità e dell’uguaglianza ma anche nella Francia dove è illegale l’aborto. «I figli dell’amore sono sempre i più belli» dirà il dottore alla giovane Ernaux, all’epoca studentessa universitaria, fingendo di non comprendere la rabbia negli occhi della ragazza. Sull’agenda lei annoterà: “E’ orribile: sono incinta”. Il tempo intercorso tra la rielaborazione autobiografica della vicenda e l’esatto momento in cui si è verificato l’evento non impedisce alla Ernaux di svelare quello che ha provato, squarciando il velo del silenzio che induce ed obbliga a tacere «le vittime di un tempo, con la scusa che le cose sono cambiate».
Al limite del dolore
Sociologica, politica, reale, esigente, la scrittura di Annie Ernaux scava tra le parole, al limite del dolore, un dolore, tuttavia, necessario che giustifica da sempre la sua ricerca etnografica del sesso e del desiderio e la sua capacità di fusione dell’indagine antropologica con la sacralità della scrittura. Continuamente in bilico, alla ricerca di un equilibrio tra storia individuale e storia collettiva, Annie Ernaux racconta “l’evento indimenticabile” senza tradire se stessa, dimentica di quel che potrà pensare il lettore e sollecitando, nello stesso, un pensiero critico. In questo processo di rielaborazione autobiografica, Annie Ernaux mette al centro il suo sentire oscillando dal silenzio all’esposizione, dal non detto al detto, costruendo, in questo modo, un rapporto etico ed intimo con il lettore.
Come un percorso di psicanalisi
Si potrebbe dire, altresì, che in questa (ri)scrittura dell’evento Annie Ernaux si restituisce a se stessa, rendendo conto delle sue azioni, offrendole ai posteri, così come potrebbe accadere durante un percorso di psicoanalisi.
Utilizziamo il nostro corpo per molti scopi. Lo celebriamo in molti modi. Annie Ernaux ha avuto il coraggio di ascoltare il suo corpo e di tradurre in parole la sua voce, il messaggio più intimo e recondito. A noi l’onore di custodire le sue memorie.
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