Promosso a pieni voti – ma senza lode – “Il colibrì” di Sandro Veronesi: pagine magnetiche che nei passaggi più toccanti restituiscono un cocktail di emozioni difficili da dimenticare. Fra inquietudini, vicissitudini e un amore platonico che sembra un coitus interruptus
In questi ultime settimane non si fa altro che parlare de Il colibrì (368 pagine, 20 euro) di Sandro Veronesi, edito da La nave di Teseo, come di un «manuale di scrittura» (parole grosse!), piuttosto che del libro dell’anno (copyright Corriere della Sera). Colibrì sì o Colibrì no? Come nella trasmissione televisiva Tu si que vales, per quanto mi riguarda è sì. Promosso a pieni voti, seppur senza lode. I motivi sono da ricercare nella sua intensità e nel suo magnetismo capace di tenere il lettore incollato per ore a queste pagine, nonostante una narrazione a “sbalzi temporali” lungo la quale prende corpo la storia del dott. Marco Carrera, la cui vita altro non è se non uno slalom avventuroso tra lutti, amori, perdite e ritrovamenti.
Pathos luccicante e struggente
Nel complesso il romanzo ha una struttura accattivante, per quanto non avulso da alcune sbavature. Qua e là qualche descrizione ridondante; taluni avverbi di troppo; persino un paio di carteggi telematici tra il protagonista e la sua amata, Luisa, di dubbia attrattività. Ciò nonostante il libro (pubblicato dopo il pamphlet Cani d’estate) si fa leggere, eccome se si fa leggere. Certi brani, come ad esempio il capitolo finale, godono di un pathos vivido, luccicante, struggente. La storia in cui ci si cala, in cui letteralmente ci si immerge, vivendola e soffrendola nei suoi passaggi più delicati e toccanti, restituisce un cocktail di emozioni difficili da dimenticare.
La bimba e la svolta catartica
Per quanto l’intera esperienza di lettura risenta di quell’angoscia e di quell’inquietudine di fondo che alligna in buona parte delle vicissitudini raccontate – i lutti familiari, l’amore platonico con Luisa (una sorta di coitus interruptus), il rapporto mutilato con il fratello Giacomo, la separazione dalla moglie – Veronesi riesce nell’intento di confezionare una svolta catartica proprio con la figura di Miraijin, la nipote di Marco Carrera, destinata a impersonificare un definitivo momento di sintesi dell’intera trama e a sommare in sé quel concentrato di energie che getteranno sul futuro una nuova luce e una nuova fonte di speranza.
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