Ovvero sette antidoti contro la stupidità del potere, del razzismo e del maschilismo. I consigli di lettura di Claudia Grendene, autrice di “Eravamo tutti vivi” sono scelte speciali, con una direzione ben precisa. Da leggere
“Parole, tutte le poesie” di Antonia Pozzi (Ancora)
La lettura delle poesie di Antonia Pozzi (a cura di G. Bernabò e O. Dino) è un’iniezione di energia, di vita, di femminilità, è una sete di natura, è ritorno al tutto in cui siamo compresi.
Magda Szabó, Il momento (Creusaide) (Anfora)
E se a fondare l’impero latino non fosse stato il pio Enea, ma sua moglie Creusa? Un romanzo politico che parla del potere e dei regimi totalitari, un romanzo classico e sovversivo, un desiderio di riscrivere la storia da un punto di vista troppo a lungo ignorato.
«Ci scrissi dentro tutto della vita, della morte, dell’amor patrio, della politica, del tradimento, della vigliaccheria, dell’eroismo, dei vivi e dei morti, tutto quello che non avevo mai veramente mostrato di me stessa a nessuno e che conoscevo sui doveri di uno scrittore così come l’avevo imparato dal mio maestro, da Tacito; apparentemente senza ira e fervore, in realtà amareggiata da morire, colma di impulsi omicidi che erano dissimulati dall’ironia scherzosa del linguaggio» (Magda Szabó)
“La campana di vetro” di Sylvia Plath (Mondadori)
Molto conosciuti sono i diari e le poesie dell’autrice, meno questo suo unico romanzo di carattere autobiografico. Storia di formazione al femminile anni ’50, contraltare finzionale di molti fatti che si possono leggere nei diari dell’autrice; impressionante il racconto spietato e lucido dell’esperienza dell’elettroshock.
“Lasciami andare, madre” di Helga Schneider (Adelphi)
Cosa significa essere la figlia di una donna che ha scelto di lavorare nei campi di Sachsenhausen, Ravensbrück e Auschwitz-Birkenau come spietata guardiana e per farlo ha abbandonato i propri figli? Ecco il racconto, dalla vera storia dell’autrice, dove la retorica sulla maternità è completamente sovvertita. Non c’è tenerezza, non c’è perdono, non c’è spazio per alcun lieto fine in questo romanzo-diario di Helga Schneider, sempre troppo poco letto.
“Lady Medusa, vita poesia e amori di Amalia Guglielminetti” di Silvio Raffo (Bietti)
Biografia, saggio, raccolta di poesie di Amalia Guglielminetti, Lady Medusa è soprattutto la storia di una donna scrittrice in un mondo intellettuale maschile. A causa del suo romanzo La rivincita del maschio del 1925 e dei contrasti con il suo collega e amante Pitigrilli, alias Dino Segre, morbosamente geloso di lei, fu accusata di oltraggio al pudore e processata. Potrebbe impressionare anche la pessima figura che ci fa il poeta Gozzano in questa storia antica, ma terribilmente attuale.
“All’indietro e sui tacchi a spillo” di Tania Kindersley e Sarah Vine (Einaudi)
“Ginger Rogers faceva tutto quel che faceva Fred Astaire. Solo, all’indietro e sui tacchi a spillo”, ovvero quello che normalmente ci si aspetta o si pretende dalle donne. E non c’è molto altro da aggiungere. Lettura illuminante e piacevole sul rapporto tra uomini e donne nel presente.
“Americanah” di Chimamanda Ngozi Adichie (Einaudi)
Americanah è un romanzo che va letto per come racconta il “nuovo” razzismo. Ifemelu è una ragazza nigeriana emigrata negli Stati Uniti per studiare. In America Ifemelu si accorge di essere nera e prende coscienza dell’esistenza di un new racism che mentre finge di accoglierti e darti ogni possibilità, ti relega all’interno dell’etichetta di afro-americana. Meravigliose le scene presso la parrucchiera, dove le donne afro-americane passano ore a stirare i capelli, simbolo questo del rinnegare un tratto della propria africanità in cerca di omologazione e accettazione da parte dei bianchi. Mentre vive e studia, non senza difficoltà, Ifemelu tiene un blog Razzabuglio del quale leggiamo i testi.
“Ecco il punto: il modo di manifestarsi del razzismo è cambiato, ma la lingua no. Se non hai linciato nessuno, non puoi essere chiamato razzista. Se non sei un mostro succhiasangue, non puoi essere chiamato razzista. Qualcuno dovrebbe avere il coraggio di dire che i razzisti non sono dei mostri. Sono persone con famiglie amorevoli, gente normale che paga le tasse. Bisognerebbe dare a qualcuno il compito di decidere chi è razzista e chi no. O forse è ora di rottamare la parola «razzista». Di trovare qualcosa di nuovo. Come, ad esempio, «sindrome da disordine razziale». E potremmo avere gradazioni diverse per chi ne soffre: lieve, media e acuta”. (Chimamanda Ngozi Adichie)