Guerra e amore, Verri ben oltre la conferma

Un amore omosessuale clandestino fra partigiani rievocato a mezzo secolo di distanza, quando uno dei due innamorati, ormai anziano, rintraccia telefonicamente l’altro. Inizia così “Un altro candore” di Giacomo Verri, uno dei più bei romanzi dell’anno. Lo scrittore dimostra conoscenze storiche, padroneggia i meccanismi narrativi e i piani temporali e poi ci mette del suo…

Una chiamata, quasi mezzo secolo dopo, per sentire un vecchio, anche anagraficamente, partner. Da cornetta a cornetta, telefono fisso perché siamo negli anni Novanta. Una voce riconosciuta immediatamente. Due uomini, quasi al termine delle rispettive vite, che si ritrovano e si parlano, inizialmente a fatica. Claudio, detto il Pezzo ai tempi della Resistenza, e Franco. Una telefonata indotta dalla moglie di Claudio, Donata, presa in pieno da un’auto in corsa mentre era sulle strisce e malmessa in ospedale. Ha confessato al marito di aver trovato vecchie lettere e intuito di quell’amore omosessuale ai tempi della guerra. E vuol sapere, vuol capire, «non voglio starmene qui da sola pensando che… che anche tu sei solo e che dentro te ci siano pensieri che non conosco. Preferisco che tu li dica a me. E se ti faccio del male? Vorrà dire che mi farai male». Sono tutte qui le prime pagine di Un altro candore, secondo romanzo di Giacomo Verri, a sette anni di distanza dal primo, Partigiano Inverno. In entrambi i casi la pubblicazione è targata Nutrimenti, casa editrice romana che pubblica non tantissimi italiani, ma tutti degni di altissima considerazione. E anche questo è il caso.

Un passo indietro

Ma facciamo un passo indietro. Emerso dalla fucina del premio Calvino, Giacomo Verri e il suo Partigiano Inverno avevano lasciato il segno, attirando paragoni, facendo echeggiare fra le pagine classici come Fenoglio e Pavese, chiamando in causa, secondo taluni, Meneghello e Gadda per una lingua che si nutriva di eleganza e letterarietà, come di gergo e di dialetto. Il risultato era più che pregevole, quella che è arrivata adesso non è una semplice conferma, va oltre, il secondo romanzo fa decollare il talento di Verri, nonostante una lingua che, pur restando ricercata, è meno sperimentale rispetto al primo romanzo.

Uno sguardo antico

La lettura di Un altro candore offre tanto. Uno sguardo antico, che non vuol dire fuori moda. Rovistare nel passato, che in molte occasioni, è più interessante, sincero, comprensibile di questo eterno presente proiettato nel futuro. Dinamiche esistenziali, grandi domande, ardore, passione, amore. Tutto shakerato col fare i conti con se stessi e con le proprie vite, da un piccolissimo angolo di mondo, non necessariamente universale, ma di sicuro non banale: Giave, immaginario piccolo verosimile centro di provincia, dominato da una montagna del nord-ovest italiano. Dominano la scena Claudio, Franco e Cristina, triangolo di partigiani che andrà in frantumi dopo il conflitto bellico: i due ragazzi si amano segretamente, fra candore e brutalità, la staffetta Cristina è a sua volta innamorata di Franco e con lui ha una relazione. La loro storia emerge in flash-back, alternati ai capitoli ambientati negli anni Novanta, e a spezzoni che stanno a metà strada, negli anni Settanta. Frammenti giustapposti di storie, che in certi casi grondano violenza, morbosità e ambiguità e in altro amore, e spesso lasciano l’amaro in bocca.

Ciò che di buono e orribile

Verri dimostra conoscenze storiche, padroneggia i meccanismi narrativi e i piani temporali (c’è da aspettarselo da chi si è laureato con una tesi sulla narrativa di Umberto Eco) e poi ci mette del suo, in termini di pensieri, sentimenti, passioni, di confronto dei suoi personaggi, e dunque suo, con ciò che di buono e di orribile, inquietante, riserva la vita a uomini e donne di qualsiasi generazione. Se non c’è la guerra, anche in tempo di pace fanno i conti con delusioni, illusioni, e con uno sguardo perso nel passato e nel futuro. Un altro candore è uno dei romanzi più belli dell’anno.

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