Marco De Laurentis lavora come social media manager e all’ufficio stampa della Scuola di scrittura Omero ed è caporedattore della rivista letteraria Altri Animali. Consiglia splendidi sette libri – romanzi, racconti, fumetti – di autori stranieri, quasi tutti pubblicati da case editrici indipendenti, un ottimo biglietto da visita…
“Istruzioni per un funerale” di David Means (Minimum Fax)
Sono molto legato a questo autore, vuoi perché la lettura di alcuni suoi racconti coincidono con i miei primi passi nell’editoria, vuoi perché con lui mi sono riavvicinato alla forma racconto. Per chi non lo conoscesse, David Means è uno degli scrittori più talentuosi di short stories, paragonato ad autori come Carver e Cheever, anche se lo avvicinerei più a Flannery O’Connor e Denis Johnson. In questa sua ultima raccolta troviamo la sua opera più personale, racconti minimalisti intrisi di dolore, violenza con personaggi ai margini ma anche di amore, dell’essere genitori, tutto questo senza una briciola di sentimentalismo o caricatura. È il lettore che è costretto ad avvicinarsi alle sue storie secondo la propria sensibilità.
“Le pianure” di Gerald Murnane (Safarà)
Due anni fa avevo chiesto informazioni al suo editore per portare questo libro in Italia, contentissimo che alla fine sia giunto qui da noi grazie a Safarà. Murnane è uno scrittore australiano, classe 1939, che non ha mai lasciato la sua terra, ha paura di prendere l’aereo e di nuotare, vive a Goroke, località di trecento anime nello stato del Victoria ed è andato più volte vicino ad aggiudicarsi il Premio Nobel per la letteratura. Se non basta questo per incuriosirvi, leggete il suo libro: la sua scrittura vi cullerà dolcemente in uno dei luoghi più ameni e desolati ma non per questo meno affascinanti, le pianure dell’outback australiano.
“La parte inventata” di Rodrigo Fresàn (Liberaria)
Fresàn era un grande amico di Roberto Bolaño, ma a differenza del cileno ama la letteratura nordamericana e questo primo volume della sua trilogia è un viaggio meraviglioso all’interno della scrittura e sull’essere scrittori in questo tempo.
“Di perle e cicatrici” di Pedro Lemebel (Edicola ediciones)
«Questo libro viene da un processo, un giudizio pubblico e un Norimberga sputato sui personaggi complici dell’orrore».
Grazie ai tipi di Edicola finalmente approdano anche in Italia le circa settanta cronache che Lemebel diffuse attraverso la radio e nei giornali durante la dittatura di Pinochet. L’autore descrive nelle sue cronache diversi aspetti del processo sociale, culturale e politico del suo paese. Perle e Cicatrici svolge una fondamentale opera di memoria con una scrittura che si concentra sempre su piccoli frammenti, su singoli episodi che diventano storie universali.
“Berlin” di Jason Lutes (Coconino Press)
Jason Lutes è un fumettista statunitense, ma si ispira nei suoi lavori a Vittorio Giardino. Ha impiegato ventidue anni in questo lavoro mastodontico, cominciato a Seattle nel 1996 e conclusosi con la pubblicazione dell’ultimo volume nel 2018. La sua trilogia è un romanzo corale che descrive Berlino a cavallo tra le due guerre mondiali, dal 1928 al 1933, durante il declino della repubblica di Weimar. Uno dei migliori lavori che abbia mai letto sull’origine del nazismo, descritto in maniera egregia attraverso le storie di persone comuni. Spoiler: alcune scene potrebbero risultare tremendamente “attuali”…
“Settembre 1972” di Imre Oravecz (Anfora)
Negli ultimi anni la letteratura dell’est Europa è stata una delle più floride e interessanti. Ero molto indeciso su quale libro inserire fra le novità che più mi hanno impressionato quest’anno, ma fra i due “soliti” giganti, ovvero Il Levante di Cărtărescu e Il ritorno del barone Wenckeim di Krasznahorkai, suggerisco l’ungherese Imre Oracvez, portato in Italia da Anfora. Una storia d’amore, pura e semplice, attraverso novantadue brevi capitoli.
“In tutto c’è stata bellezza” di Manuel Vilas (Guanda)
A breve verremo inondati di classifiche di fine anno e sono curioso di vedere quanti nomineranno Vilas. Questo gioiello è uscito per Guanda a inizio 2019, e per me i discorsi sul libro migliore dell’anno potevano concludersi qui.