“I punti in cui scavare” raccoglie racconti editi e inediti di Flavio Ignelzi: modelli di equilibrio tra talento naturale e allenamento tecnico, competono con gli strabilianti episodi di “Black Mirror” e portano alla luce segreti, vizi, paure, fobie, nevrosi che segnano l’uomo moderno
“La vita è come una scatola di cioccolatini, non sai mai cosa ti tocca”, Forrest Gump.
Non vorrei sembrare irriverente verso una delle ultime icone romantiche del nostro immaginario se ne confuto l’adagio. Evidenzio semplicemente la possibilità che esista una deroga alla sua massima. La probabilità che una cocente delusione tenda praticamente allo zero qualora le praline siano “firmate” da un maestro cioccolatiere di comprovate serietà, esperienza e talento. In tal caso, infatti, la commistione tra la qualità della materia prima, la padronanza della tecnica e una poderosa dose di fervida creatività escludono fregature.
Eccezionale sul raggio corto
I punti in cui scavare (216 pagine, 14 euro) di Flavio Ignelzi, raccolta di racconti (uno, Spirali, lo proponiamo qui) pubblicata da Alessandro Polidoro Editore, è – rimanendo in metafora- esattamente quella confezione assortita di cioccolatini «categoria superiore». Diciassette storie, o meglio – citando Il resto mancia, una di esse – diciassette «gusti, per diciassette esperienze sensoriali coinvolgenti», che non falliscono l’aspettativa del piacere allo stato puro.
A distanza di un anno dal suo debutto con il romanzo Loro sono Caino, pubblicati da Augh! Editore, Flavio Ignelzi torna in libreria con questo secondo gioiellino, nel quale si affiancano ad alcuni dei suoi racconti già ospitati da importanti riviste del litweb, inediti altrettanto appassionanti.
Se quella di Loro sono Caino è stata una performance d’esordio sulla lunga distanza davvero ottima, questa de “ I punti in cui scavare” è la conferma che le prestazioni dell’autore campano sul corto raggio riescono ad essere addirittura eccezionali.
Matrimonio tra forma e contenuto
I racconti di Ignelzi sono fluidi, veloci, precisi. Sembrano seguire la progressione di una gara sui cento metri piani. Non c’è tempo, in questa specialità, per amministrare le forze in base ad una strategia che dilati il plot secondo una logica di riposo, ripresa, scatto finale. L’unica tattica è fare in modo che l’economicità della parola fenda lo spazio del racconto e tagli il traguardo lasciando il lettore senza fiato. L’autore-centometrista deve puntare sull’elasticità e lavorare il soggetto narrativo in modo che esploda.
Ogni volta che ho il piacere di scrivere di Flavio Ignelzi, sottolineo che i suoi testi realizzano il matrimonio perfetto tra la forma e il contenuto, vale a dire tra quello che popolarmente si definisce “dono del saper scrivere” e la capacità di inventare intrecci originali, stimolanti, talvolta ironici o spiazzanti ma sempre, in ciascuno di questi casi, sorprendenti.
I diciassette racconti ne sono l’ennesimo esempio. Veri e propri modelli di efficacia stilistica, di equilibrio tra talento naturale e allenamento tecnico, le loro trame competono ad armi pari con gli strabilianti episodi di Black Mirror.
Lo sfilacciamento del tessuto morale
La similitudine con la serie Netflix travalica il fattore estetico. Oltre al dato formale della bellezza, infatti, un altro elemento, che attiene in questo caso alla volontà progettuale degli autori, accomuna i racconti di Ignelzi agli episodi della piattaforma. Sebbene siano auto-conclusivi, nonostante cioè narrino storie finite e indipendenti l’una dall’altra, sia i primi che i secondi, osservati in lontananza, restituiscono con chiarezza una rappresentazione organica del nostro distopico presente. Scrivere non è mai un divertissement fine a sé stesso, sottintende sempre la volontà di stimolare delle riflessioni. In questo caso l’obiettivo è la società contemporanea. Le diciassette storie sono, infatti, – come suggerito dal titolo del libro – diciassette punti di scavo che, penetrando sotto la superficie delle singole esistenze narrate, portano alla luce i segreti, i vizi, le paure, le fobie, le nevrosi che segnano l’uomo moderno. I protagonisti delle storie sono tutti individui sulla cui pelle si riverberano i segni dello sfilacciamento del tessuto morale, del cedimento delle certezze economiche, delle conseguenze dei cambiamenti climatici. Sono uomini che camminano in equilibrio precario sul bordo di un buco nero nel quale rischiano costantemente di essere risucchiati. Terrorizzati, tentano di evadere, di liquefarsi, talvolta agiscono come se avessero tra le mani un interruttore con il quale spegnere la realtà.
I punti in cui scavare è uno strabiliante caleidoscopio iperrealistico-post-apocalittico-noir.
In ogni singolo racconto Flavio Ignelzi, gestendo con disinvoltura la stratificazione di riferimenti e di modelli forniti dai generi letterari elettivi, non sacrificando mai la leggibilità, conquista uno stile indiscutibilmente unico e personale, recapitando ai suoi lettori un libro – mi assumo la responsabilità di un giudizio tanto deciso – oggettivamente imperdibile.
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