Dai Sijie, scrittore cinese che vive in Francia, ha scritto libri che sono patrimonio del nostro tempo, ma… non vincerà il Nobel. Il suo romanzo più noto, “Balzac e la piccola sarta cinese”, racconta una storia ai tempi della “rivoluzione culturale”…
Sfidare il gigante cinese, infischiarsene del “politicamente corretto”, non sempre si può. O si vuole. Improbabile, quindi, che lo scrittore dissidente Dai Sijie possa mai vincere il Nobel per la Letteratura. Benché se lo meriterebbe, almeno quanto il … collega esule – pure lui rifugiato in Francia – Gao Xinjiang che quel premio lo ricevette nel 2000. Balzac e la piccola sarta cinese (176 pagine, 14 euro) o Una notte in cui la luna non è sorta di Dai Sijie (279 pagine, 18 euro), pubblicati in Italia da Adelphi, sono romanzi-patrimonio del nostro tempo alla pari del capolavoro di Gao, La montagna dell’anima (512 pagine, 13 euro), disponibile nella Bur Rizzoli. Il sogno … svedese di Dai Sije si allontana, peraltro, se ricordiamo poi l’incidente diplomatico provocato nel 2010 dall’assegnazione del Nobel per la Pace all’intellettuale Liu Xiaobo, leader del movimento cinese per i diritti umani e autore dello struggente Elegie del quattro giugno (già recensito in questa rubrica). Liu, detenuto in patria, non ha mai potuto ritirare quel premio. È morto nel 2017.
La piccola sarta di un grande scrittore
Bernardo Valli ha scritto che Balzac e la piccola sarta cinese è una tragedia raccontata con un soffio. La tragedia è passata alla storia sotto il nome di “rivoluzione culturale”, ovvero la deportazione di milioni di cinesi “da rieducare” per ordine di Mao nelle sperdute regioni di montagna del Paese del Dragone. Molti non sopravvissero a quella follia di regime. I due protagonisti del romanzo di Dai, una coppia di “ragazzi di città”, riuscirono ad affrontare quell’inferno grazie ai libri proibiti che un altro giovane era riuscito a portare con sé, nascosti in una valigia. Con le pagine di Ursule Mirouet, un romanzo di Honoré de Balzac, i due riuscirono a far vedere un mondo sulle ali della parola scritta e della narrazione alla figlia del sarto del villaggio. Lei, alla fine, quel mondo vorrà conoscerlo davvero: «È partita. Vuole andare in una grande città. Mi ha detto che Balzac le ha fatto capire una cosa: che la bellezza di una donna è un tesoro inestimabile».
La vergine cinese
Nel catalogo Adelphi trova posto anche la traduzione italiana di Muo e la vergine cinese. Per Dai Sijie, la sperimentazione di un registro letterario decisamente diverso: il racconto ironico, donchisciottesco, delle disavventure di un goffo studente di psicanalisi tornato in Cina dopo un soggiorno a Parigi per soccorrere la sua Dulcinea. Che in questo libro ha il bizzarro nome di “Vulcano della Vecchia Luna”, da salvare sfidando i mulini al vento della corruzione del sistema.