Cazzullo: “Un giallo che indigna, premessa di cambiamento”

Intervista ad Aldo Cazzullo, inviato del Corriere della Sera che, con il collega Fabrizio Roncone, ha scritto il romanzo “Peccati immortali”: “Roma è una splendida quinta teatrale, abbiamo scritto di fantapolitica, in parte diventata realtà e qualcuno si è già lamentato. Critichiamo l’Italia perché la vorremmo migliore”

Quando la realtà supera la fantasia, la – machiavellica – “verità effettuale” corre al servizio del romanzo. Può quindi accadere di leggere un giallo e vedersi scorrere dinanzi il film di un Paese segnato da molte ombre, poche luci: succede, ad esempio, con Peccati immortali (260 pagine, 18 euro), edito da Mondadori, firmato da Aldo Cazzullo e Fabrizio Roncone, inviati del “Corriere della Sera”. La coppia di penna ha ambientato il libro nella capitale. Non a caso: «Roma è un grande paravento … una scena teatrale, magnifica e cadente – fanno dire i due autori a uno dei protagonisti – Quello che conta non è la città; è il potere. E il potere è fatto di relazioni».

Cazzullo, giornalista che per garbo e acume è tra i più contesi dai programmi televisivi di approfondimento, ha accettato di rispondere alle nostre domande sulla sua ultima fatica. La prima da giallista, dopo molti saggi di successo.

Fascinosa, inquietante, persino abominevole. Così è la Città Eterna, vista (e vissuta) da un romano di adozione?

«I romani non sono razzisti. A loro non importa nulla se sei di Bolzano o di Canicattì, lappone o ghanese. Sei un poverino che non è romano; ma alla lunga lo diventerà. I romani hanno grande senso dell’umorismo. Ma sanno essere anche cinici. Il discrimine è se ti conoscono o no. Se non ti conoscono puoi morire sotto i loro occhi senza che qualcuno se ne accorga; come accade al cardinale Aldrovandi. Se ti conoscono, diventano la delizia del genere umano. Il punto è che tra di loro i romani si conoscono tutti, perché fanno vita di quartiere, ognuno ha il suo farmacista, il suo medico, il suo oste, il suo droghiere…Roma è una splendida quinta teatrale. Come dice nel libro il senatore Giulio Nardi, è piena di cose che sono a Roma ma non sono Roma. Il Vaticano è un mondo a sé. Come i Palazzi del potere politico».

Troppo vero per essere solo un parto di fantasia. Peccati immortali può essere definito un… romanzo di cronaca?

«È un giallo con elementi di fantapolitica. Alcuni nel frattempo sono diventati realtà: la caduta di Salvini, la nascita del governo Pd-5 Stelle, la scissione di Renzi. Vedremo se si verificheranno altre previsioni: tipo Renzi che vota con Salvini contro il governo, peraltro senza riuscire a farlo cadere. Poi c’è un’ombra terribile che grava sulla capitale: il progetto di un attentato da attribuire agli islamici, per provocare una reazione e l’avvento al potere di un uomo forte. Tutto questo davvero speriamo non accada mai».

Un libro di denuncia, o semplicemente un modo per farsi qualche nemico in più?

«Qualcuno si è già lamentato in effetti…Ma se uno teme di farsi dei nemici, non deve scrivere libri e neppure articoli».

Scrivere a quattro mani: un fardello in più, dover sintonizzare due anime e due cervelli?

«Ci siamo divertiti, ma non è stato un gioco. Fabrizio Roncone e io amiamo il nostro mestiere, amiamo la città in cui viviamo, e amiamo il nostro Paese. Lo critichiamo perché lo vorremmo migliore. Penso che leggendo Peccati immortali si rida, ci si spaventi, ma soprattutto ci si indigni. E l’indignazione è la premessa del cambiamento».

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