In un universo che non li capisce e li demonizza, Remo e Margherita imparano a conoscersi e amarsi, fuori d’ogni cliché. Sono i protagonisti di “Breve storia amorosa dei vasi comunicanti” di Davide Mosca: lui bulimico, lei anoressica, due realtà scomode, per le quali c’è bisogno d’amore, in una delle sue declinazioni speciali
Remo e Margherita, ventenne scrittore in crisi lui, tardoadolescente alla fine del percorso scolastico lei. Lui è preda di una spirale avvolgente che richiede cibo, e ancora cibo, fino a gonfiarlo in una maschera che lo rende irriconoscibile dal se stesso che sapeva di trovare nello specchio. Allo stesso modo, lei è schiava di una malattia che rende il cibo nemico da evitare con perizia e ossessione. Grasso e magro, maturo e immaturo, svogliato e ipercinetico: le dicotomie sono tante nel legame magico che si crea tra i due personaggi protagonisti di Breve storia amorosa dei vasi comunicanti (200 pagine, 17 euro), romanzo di Davide Mosca edito da Einaudi.
Gli opposti che si attraggono
Remo e Margherita sono infatti due opposti in un universo che sembra non capirli e quasi additarli, demonizzandoli. Si troveranno, come in ogni storia d’amore e favola a lieto fine, imparando a conoscersi e rispettarsi a voce sussurrata, senza imposizioni dall’alto, né doveri. Soprattutto, al di fuori di ogni cliché e stereotipo.
Entrambi in lotta con un corpo nemico, sia Remo che Margherita non condividono all’esterno il loro problema, perché la battaglia simboleggia uno scacco che non premia, e come tale va nascosto. Ma da quei corpi che parlano senza le parole entrambi dovranno salvarsi, e quasi come due magneti le loro opposte vicende si attraggono. Scocca una scintilla, l’inizio di una rivoluzione lenta che toglie peso a Remo e ne restituisce a Margherita. Un ritrovarsi, in sé stessi e nell’altro: un riequilibrarsi, riscoprendo con meraviglia e un po’ di ansia l’armonia tra sé e il mondo che sembrava ingoiata, sul fondo di una prigione senza via di uscita. Una favola, appunto, e l’avvertimento in apertura del romanzo lo conferma: non ci crederei nemmeno io, dice la voce narrante, se non fosse capitato a me. Entriamo così nel mondo romanzesco, un mondo in cui l’autore intreccia molti temi tutt’altro che favoleggianti, calandoci in due realtà scomode, dove a volte la forza di volontà, già monumentale, non basta. C’è bisogno di amore, in una delle sue declinazioni speciali.
C’è qualcosa
«C’è qualcosa» ammette Remo, «qualcosa c’è» gli fa eco Margherita. La loro storia d’amore procede adagio, rispettando i tempi e i corpi, in un avvicinamento prima sussurrato, poi poco a poco schiuso, sempre più forte, sempre più maturo. È un lento corteggiamento mai dichiarato, ma è prima di tutto desiderio di condivisione, perdita di sé e ritrovamento nell’altro. Perché se «le salite sono soltanto discese guardate dalla parte sbagliata», sia Remo che Margherita hanno un estremo bisogno di ripensarsi, ritrovarsi.
Per farlo viaggiano spesso. Breve storia amorosa dei vasi comunicanti di Davide Mosca è un romanzo di ragazzi e anche per questo è dinamico, fatto di strade percorse in auto, da Savona lungo la Riviera delle Palme, e ancora oltre. Impostata la rotta insieme, Remo e Margherita si godono il viaggio, e non importa troppo sapere dove si andrà, quale sarà la meta finale. Quello che è centrale essere usciti da una porta e aver deciso di riprendere in mano i cocci di una vita che sembrava spenta e inutile. Mentre si viaggia aleggia la confortante certezza che quel qualcosa che potrebbe accadere, se tutto va bene, accadrà.
Una Liguria fuori stagione
Su e giù per l’Aurelia, questa storia è ligure e si muove tra una Savona appena lambita dal turismo di massa e le Riviere, tra un entroterra boscoso e sconosciuto e una Genova da scoprire, città universitaria come per quasi tutti i ragazzi liguri. A Varazze Remo conosce Margherita, a Sanremo è nato invece lui, e alla città e a una stravagante vincita al Casinò deve l’inusuale nome.
La strada porta a Levante ma più spesso a Ponente, a Remo e Margherita piace così, una direzione che li vede visitare una costellazione di borghi e paesini spesso colti nel loro volto autentico, malinconico e al tempo stesso incantevole, la provincia ligure fuori stagione, perché sì sa che «In Liguria esistono solo due stagioni: la stagione e il fuori stagione». In mezzo l’attesa, la preparazione, lo studio: esattamente gli elementi di cui ha bisogno una storia di dolori solitari e paure che per esistere deve trovare forze e sicurezze in un tempo solamente suo, quello che sblocca i movimenti, cura e restituisce la felicità, proprio lei, quella delle favole.
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